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The Artist

Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film

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La recensione su The Artist

di luisasalvi
9 stelle

Intendo rivederlo ancora e credo che lo meriti. Ho letto alcune critiche negative da parte di critici altrove attendibili, ma che travisano la vicenda stessa del film, lasciando il sospetto che l’abbiano visto solo in parte o dormendo (confesso che la prima volta mi sono addormentato anche io), certo non studiandolo seriamente come si dovrebbe per giudicare. A prima vista uno ha tutto il diritto di dire “mi è piaciuto” o “non mi è piaciuto”, magari anche di scriverlo, se ci tiene a rileggersi in internet (per qualcuno è una grande soddisfazione); ma da studiosi seri è lecito aspettarsi analisi più accurate. Con ciò non intendo, per ora, esprimere un giudizio sul film; nemmeno farne una recensione o un esame critico: dovrei studiarlo meglio. Aggiungo, come considerazione preliminare generale, che spesso gli Oscar premiano gli aspetti commerciali, per cui è comprensibile che un critico che ci tiene ad essere indipendente ne contesti i giudizi; io per molti anni ho rifiutato di vedere film premiati con troppi Oscar. Ne sono guarito grazie alla mia ammirazione (e amore, e conoscenza approfondita) per Fellini, forse il regista che ha ricevuto più premi Oscar, compreso quello alla carriera (appena in tempo: è morto quello stesso anno). Anche il fatto di addormentarsi alla visione del film non è motivo sufficiente per giudicarlo negativamente; rischia di essere un po’ presuntuoso, nella convinzione che io non dormirei mai di fronte a un capolavoro, o anche solo a un film decoroso. No, no: è più facile addormentarsi leggendo la Metafisica o gli Analitici di Aristotele (magari nell’originale greco) che un libro di Odifreddi.

La recensione ufficiale di Film.tv dice: “Peppy Miller, invece, è una giovane controfigura: per lei solo piccoli ruoli che le permettono a malapena di sopravvivere. I due vivono una storia d’amore destinata a divenire sempre più tormentata per via dell’introduzione del sonoro nelle pellicole hollywoodiane”. Tutto inventato: Peppy fa parte delle tante ammiratrici di George Valentin, il grande “artista”, e per un casuale incidente si scontra con lui, si sorridono, viene fotografata dalla stampa, poi grazie a George ottiene una parte in un film con lui. Lei gliene è grata e se ne innamora, ma non dice nulla. Con il sonoro la sua fama cresce, mentre George rifiuta di partecipare a film sonori, vuole continuare con il muto, e finisce quasi in miseria. Lei diventa una star, lo ricorda sempre e cerca di aiutarlo di nascosto.

La scena del loro incontro può apparire (non a me) freddamente estetizzante, ma è comunque notevole nell’economia del film, essendo il momento dell’incontro fra i due protagonisti, ed è girata con molta cura: Peppy nella calca perde la borsetta, si china per raccoglierla ma la borsetta è finita oltre la cintura di sicurezza degli agenti che proteggono il divo dalla folla di ammiratori; per prenderla passa oltre, nel rialzarsi urta contro di lui che se ne irrita e si volta inviperito; segue un attimo di tensione in cui tutti sono fermi e zitti; il film è muto, ma il silenzio è reso in modo evidente, e naturalmente accentua la tensione; tutti aspettano l’esplosione del divo, i fotografi sono pronti a cogliere la scena, lui se ne rende conto, sa di dover sempre sorridere, si domina, accenna un sorriso cui risponde timidamente Peppy; il sorriso diventa gradatamante una risata liberatoria che coinvolge tutti, mentre i fotografi si scatenano sull’incontro del divo con l’ignota ammiratrice, che lui adesso abbraccia. Qualcuno chiede un bacio fra i due, e Peppy ubbidisce. Ne seguono titoloni in prima pagina, e nelle pagine seguenti, alla ricerca della sconosciuta; il produttore se ne irrita, perché la stampa perde di vista il film e non ne fa la pubblicità. Peppy, con il giornale in mano, si presenta per dei provini, viene accettata a farne ma quando il produttore la vede e la riconosce la scaccia; George interviene e le dice di restare perché devono girare un film insieme; sorride al produttore, che accondiscende…

Alla fine (dopo varie peripezie) lei impone al produttore di riassumere George per fare un film con lui, minacciando di andarsene se lui non accetta; il produttore aveva ceduto facilmente alla richiesta iniziale di far recitare Peppy, mentre ora accetta solo perché costretto dal “ricatto” di Peppy: il contrario di quanto ha scritto un altro valido critico che evidentemente in questo film si è distratto. Eppure le due scene (belle o brutte che siano), e il loro confronto, sono essenziali alla vicenda del film.

Innumerevoli le citazioni da altri film, già segnalate da molti, talvolta come critica, non vedo perché; per altri film le citazioni sono invece apprezzate come titolo di merito.

Aggiungo alcune considerazioni già fatte in un mio commento alla recensione di lorenzodg, perché mi sembrano utili per capire il senso del film:

George rifiuta il sonoro perché ritiene che le parole siano inutili quando un buon attore sa esprimersi con la mimica, del corpo e della bocca. Ma è così? Lui osserva la bocca di chi gli parla, è ossessionato dall'inutilità delle parole. Credo che le immagini che seguono servano a dargli torto, a dire che la mimica è utile anche con le parole e che queste la avvalorano. L'invito a lui (da parte del suo autista) di smettere l'orgoglio potrebbe avere anche questo senso: per bravo attore che lui sia, la parola lo aiuterebbe comunque a esprimersi meglio. O no? Sembra confermarlo anche la battuta a proposito del suo cane, sempre molto espressivo: gli manca solo la parola; anche a lui servirebbe??

Ma quando George si punta la pistola in bocca, mentre Peppy arriva in auto (e ci si aspetta un incidente d'auto: morirà lei, o lui, o entrambi? O lei arriverà in tempo?) una scritta, usuale nel muto (ma insensata nel sonoro) avverte “bang!”: la pistola ha sparato! Invece no, il bang veniva da fuori, George si alza (non è morto!) e si affaccia alla finestra da cui è venuto il “bang”: Peppy è finita con l’auto contro un albero. Con il sonoro non sarebbe stata possibile questa ambiguità. Allora è meglio il muto??

L'ambiguità domina il finale anche per il cane: la pistola spara; il cane muore o finge di essere morto? Loro ridono come se si trattasse di una finta (il cane aveva già dato tanti esempi del genere), ma poi non lo si vede più... Ma la pistola colpisce una bottiglia e la rompe, mentre il cane è spostato; del resto sarebbe inammissibile che i due ridano se il cane fosse morto.?Credo proprio che questa possa essere una chiave di lettura del film.

costretto a dare un voto, ne do uno medio, ma preferirei non darne, più ancora che al solito.

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