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Vampire

Regia di Shunji Iwai vedi scheda film

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denis00089

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vampire

di denis00089
7 stelle

Sangue e raffinatezza

Uscito nel 2011, ma apparso nell'home – video italiano (per merito della “Midnight Factory), solo nel 2017, “Vampire” è un’interessante pellicola che cerca di affrontare il tema del vampirismo con modernità e spunti di chiara matrice psicologica ( un po' come il sottovalutato “Martin” di George Romero, film che cercava di allontanarsi dal classico stereotipo del succhia sangue per snocciolare una visione di puro stampo sociale). 
Diretta dal nipponico Shunji Iwai – qui alla sua prima trasferta in suolo statunitense -, l'opera di cui sopra sembra vivere di momenti in cui la matrice thriller viene avvolta da attimi di puro dramma esistenziale in cui il protagonista – un convincente Kevin Zegers – deve far fronte non solo a sé stesso, ma soprattutto alla povera madre – una sofferente Amanda Plummer, famosa per aver recitato in “Pulp Fiction”-, una donna incapace di intendere e di volere che, come se non bastasse, si muove all' interno della sua stanza per mezzo di alcuni giganteschi palloncini appositamente legati ad una sorta di busto per la schiena.                             
  In un affresco già triste di suo, dove inizialmente la vicenda parrebbe prendere spunto dalle gesta del famigerato Armin Meiwes ( un serial killer tedesco – dedito al cannibalismo e alla necrofilia- che pressappoco si muoveva in maniera del tutto simile a Simon), l'autore descrive in modo decisamente critico non solo gli adepti (per non dire fanatici) settari del vampirismo contemporaneo – qui visti come dei veri e propri maniaci sessuali – ma anche tutti coloro che cercano di fare a meno di uno dei doni più speciali dell' esistenza stessa: la vita e tutto quello che ne concerne.                                         Snocciolando dialoghi esistenziali e prettamente scientifici (il discorso sulla vita delle farfalle e sulla possibilità di rinascere a vita nuova all' interno di un bozzo), la narrazione si adagia in ritmi lenti, compassati e senza qualsivoglia aggressività, restituendo al fruitore un quadro complessivo dove la sensibilità si eleva sopra ad ogni cosa.                     La compostezza filmica utilizzata per dare sviluppo alla storia è certificata da una messa in scena pulita, sobria e oggettivamente raffinata, con delle inquadrature di buon componimento estetico, dove la mano di Iwai (responsabile, tra le altre cose, della malinconica e dolce colonna sonora di stampo squisitamente classico) i connotati di un pittore che usa il suo pennello con toni essenziali ma gradevoli, e, naturalmente, da una fotografia sì fredda, ma contraddistinta da una sua vitalità.  
Vincitore di svariati premi, il film di Iwai è oggettivamente di buona fattura e curato sotto diversi aspetti.
 
Voto: 7
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