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The Ugly Swans

Regia di Konstantin Lopushansky vedi scheda film

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La recensione su The Ugly Swans

di maldoror
8 stelle

Lo scrittore Victor Banev decide di recarsi a Tashlinsk, cittadina fantasma in cui accadono misteriosi avvenimenti legati ad un'alterazione climatica i cui motivi sono ignoti. Banev decide di entrare a far parte della Commissione internazionale che si occupa di ciò che accade nella città, al solo scopo di riportare a casa sua figlia, mandata lì a studiare presso una scuola riservata a ragazzini dotati di un'intelligenza superiore. Nel far ciò finisce per imbattersi nel mistero degli "idroliti", uomini colpiti da una mutazione genetica a causa di una serie di piogge acide, arrivando a scoprire che lo scopo segreto delle forze militari sarebbe quello di uccidere questi ultimi in quanto avvertiti come una minaccia per l'umanità. In seguito si verrà a scoprire che proprio gli idroliti avrebbero riunito i ragazzini super-dotati (i "brutti cigni" del titolo) allo scopo di dar vita a una nuova umanità, destinata a soppiantare la nostra, ormai destinata all'autodistruzione.
La guerra dunque sembra giocarsi su due fronti: da un lato l'ottusità e l'arroganza di chi vede negli idroliti e nei bambini una minaccia da sterminare, non riuscendo a cogliere la necessità di una radicale evoluzione dell'umanità, di uno sviluppo intellettuale e spirituale tale da non avere precedenti nella Storia, affinchè la specie continui a sopravvivere; dall'altra i rappresentanti della nuova razza eletta, la cui superiorità li avrebbe condotti alla coscienza del Nulla essenziale dell'uomo ("...Il senso terribilmente reale della nostra esistenza non nel mondo, ma da qualche parte tra i mondi, non è nella delimitata realtà, ma è nello spostamento e formazione, non è nell'assestamento casalingo, ma è nell'insensato pellegrinaggio...è stato possibile solo rovesciare il velo di Maya e osservare tutto dalla parte opposta, non da quella parte che ti culla e ti dona un senso di calma, ma dalla parte del Niente, che rivela la nostra presenza vitale come un avanzamento del Niente"), soggetti però a loro volta ad un altro tipo di ottusità, di "crudeltà" nei confronti di quella che per loro sarebbe la nostra umanità "degradata": l'incapacità di comprendere come l'essenza dell'uomo stia nella sua imperfezione e costante perfettibilità, nella sua fluidità e capacità di rialzarsi dopo aver affrontato il peggio, di come nell'uomo possano coesistere la più vile bassezza e la nobiltà d'animo. A costituire questa via di mezzo fra i due estremi è proprio il protagonista, Victor Banev, l'unico rappresentante della vecchia umanità giudicato in grado di entrare a far parte del nuovo mondo, e che infatti si batterà fino alla fine per la salvezza dei bambini.
La critica di Lopushanskij quindi, come nei due film precedenti della sua ipotetica trilogia "apocalittica" (Letters from a dead man e Posetitel muzeya) è rivolta al razionalismo della società occidentale (vengono citati Kant ed Hegel come emblema di questa mancanza di considerazione per l'uomo nella sua globalità) e tecnocratica, non alla scienza in sè ovviamente, ma all'incapacità dell'uomo di comprendere sè stesso fino infondo, di accettarsi, di "ricordare la propria umanità e di dimenticare tutto il resto" (come vien detto nel manifesto di Russell e Einstein per il disarmo nucleare, citato anche nel finale di "Letters from e dead man).
Insomma, Lopushanskij si conferma erede di Tarkovskij (il film è tratto dall'omonima novella dei fratelli Strugatskij, sceneggiatori di Stalker), nelle tematiche e in parte nell'immaginario; il talento visionario del regista, a volte davvero folgorante come nell'insuperato (almeno per me) Posetitel muzeya, costituisce come al solito uno dei principali motivi di fascino e di attrazione del film, coi suoi scenari apocalittici e i suoi paesaggi infernali costantemente avvolti da bagliori rossastri.

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