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I miei primi 40 anni

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su I miei primi 40 anni

di alan smithee
4 stelle

VANZINA & CO.

Bella l’Italia dei furbi, degli approfittatori, degli arrampicatori o delle arrampicatrici sociali, che poi, forti come qui la nostra Marina (Carol Alt, adeguatamente statuaria in linea col soggetto originario), di un carattere estroverso fino alla sfacciataggine ed una bellezza fuori dal comune, riescono a diventare icone di un’epoca, madrine di una vita sociale e di uno stile che forse in quanto tale manca a tutti gli effetti, ma che riesce comunque a fare notizia, a far parlare di sé, e a trarre tutto ciò che di economicamente e mondanamente positivo può giovare a rendere memorabile una vita.

La seguiamo ancora scolara, dagli anni ’50, quando conosce uno dei molti fratelli di una casata nobiliare economicamente in sfacelo

 (Pierre Cosso), ma non impossibilitati a renderla nobile a livello di titoli; la scorgiamo amante di facciata di un ricco capriccioso nobilotto che giudica l’atto sessuale noioso e stancante (lo interpreta il migliore di tutti, l’irresistibile Jean Rochefort, esilarante quando rifiuta il sesso per arrotare coltelli); poi si unisce ad un pittore greve e rozzo uso anche a malmenarla, ma focosamente irresistibile (Massimo Venturiello), poi ad un giornalista di guerra convertitosi al gossip (Elliott Gould) che pare perdersi in amore, per poi lasciarla quando è costretto a decidere tra lei e la moglie; fino ad incontrare, anzi a presentarsi ed offrirsi all’ultimo compagno di vita (Giuseppe Pambieri), raggiunto a Venezia in occasione della Biennale.

La cine-biografia di Marina Ripa di Meana, ex Lante della Rovere, tratta dalla omonima biografia, non si sa per quale vero motivo costringe i Vanzina a cambiare i nomi e a dichiarare che fatti e persone del film sono di pura fantasia.

Di fatto la storiella non presenta nulla di veramente interessante, anzi spesso infastidisce questa parlata della protagonista tutta tramite frasi fatte, quasi proverbi di una saggezza di cui in realtà non si scorge traccia, prevaricata da una faccia tosta che non conosce, o quasi, precedenti nella storia del gossip dell’ultimo cinquantennio.

Un filmetto in fondo piuttosto sciatto, che si lascia guardare nel suo incedere ozioso, prevedibile e convenzionale, quasi Carlo Vanzina fosse così convinto che per trasporre un personaggio così colorito e colorato, non ci fosse bisogno di una scrittura un po’ più arguta e brillante di quella stanca che qui al contrario ci viene proposta.  

Ma, senza per forza voler giudicare o pretendere addirittura di fare i bacchettoni (lungi da tutto ciò), un dubbio sotto forma di domanda, sorge a questo punto quasi spontaneo: è sciatto il film o lo sono piuttosto le vite dei personaggi, spesso contraddittori sino alla caricatura, che questo rappresenta?

Senza tra l'altro dimenticare che spesso la realtà supera - e probabilmente qui c'è riuscita per kitch o bizzarria - la versione narrata.

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