Regia di Ascanio Celestini vedi scheda film
Primo lungometraggio di finzione per Ascanio Celestini ambientato nel delicato mondo della malattia mentale. Bella l'idea e alcune trovate, ma anche sproporzionatamente lungo per quel che di buono aveva da dire.
Qualche anno fa avevo visto -quasi per caso- il documentario “Parole sante” del (a me) sconosciuto Ascanio Celestini. E rimasi positivamente sorpreso dalla grande ironia con cui l'autore romano era riuscito a trattare in maniera sempre lucida il tema del precariato nel lavoro in Italia. Con “La pecora nera” Celestini cerca di ripetersi, con il mondo dei manicomi in vece di quello dei call-centers. Decide inoltre di lasciare da parte l'idea di documentario, preferendogli un lavoro di finzione (il primo della carriera, peraltro). Ma onestamente, questa volta non mi sento di condividere la ola da stadio riservatagli comunque dalla critica. Certo il coraggio non gli è mancato perché di questi tempi già il fatto di non aderire pedissequamente al motto “squadra che vince non si cambia” è lodevole, ma qui iniziano e finiscono le buone nuove, perché il film a me ha saputo tanto di minestra allungata, di prodotto finito con materia prima buona magari nella qualità ma scarsina nella quantità.
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