Regia di Shinya Tsukamoto vedi scheda film
Un horror che per protagonista ha la paura in sé e per sé, disgiunta dalle sue cause e dai suoi effetti, dagli esseri mostruosi e dagli atti sanguinari; è lei, da sola, a costituire l’anima della storia, è il demone che presiede ai ricordi, ai sentimenti, ai sogni, e in ciò sostituisce completamente il romanticismo che fa da nobile sfondo ad ogni dramma. Il panico che pervade ogni corpo ed ogni mente, a prescindere dalle distanze spaziali e temporali, diventa automaticamente la nuova, esclusiva fonte di significati, a cui si riconducono tutte le ragioni dell’agire umano, e perfino il destino di vita o di morte. L’incubo diventa così, freudianamente, il momento rivelatore per eccellenza: il filo logico che collega gli eventi è la scia del terrore, è l’eterno ritorno del rancore che ripropone il male come un enigma indefinitamente irrisolto. Il personaggio del nightmare detective Kyoichi Kagemuna può continuare a vivere, indagando le altrui dimensioni oniriche e psichiche, perché la sua missione è perennemente incompiuta: l’infelicità del passato si perpetua con una forza inestinguibile, perché deriva da un’irrazionale fobia nei confronti del futuro e del prossimo, ossia di tutto ciò che, per definizione, appartiene al regno dell’ignoto. Ma se l’origine dell’odio tra uomini è la mancata conoscenza reciproca, poter leggere telepaticamente nelle cattive intenzioni altrui non fa che accrescere la tensione, scatenando più che mai gli istinti omicidi. L’individuo timoroso e fragile diventa facilmente il bersaglio di sadici scherzi, che, a loro volta, accendono nella vittima una violenta sete di vendetta. Solo l’umiltà del pentimento e del perdono può spezzare questo micidiale circolo vizioso, pur lasciando intatto l’incolmabile abisso del dolore: un dolore universale, di cui l’infanzia violata e le madri assassine sono, da sempre, le espressioni più sconcertanti ed atroci.
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