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Outrage

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Outrage

di alan smithee
6 stelle

Ritorno di Kitano al piu' prestigioso festival internazionale del mondo (Cannes 2010), ma ritorno pure del celebre autore ad uno dei suoi temi apparentemente preferiti e che hanno caratterizzato i suoi primi notevoli passi nella regia cinematografica: la Yakuza, le sue faide, la lotta per la salvaguardia del potere e della supremazia. Certo il film mi e' parso ben lontano da raggiungere le vette rarefatte ed invalicabili di Hana-bi che vide trionfare Takeshi e la sua maschera alla mostra veneziana un bel po' di anni orsono e che ebbe il merito di spianare all'autore giapponese le vie della regolare distribuzione cinematografica nel nostro paese. Distribuzione che sembra tuttavia averlo ormai dimenticato dato che se, come pare, pure questo film risultera' invisibile sul grande schermo, siamo ormai direi gia' alla quarta pellicola consecutiva che diserta completamente le nostre sale.
Nella lotta spietata per la supremazia di un clan sul rivale, Beat Takeshi impersona una vecchia volpe della strategia e tattica mafiose, incaricato di organizzare quasi un doppio gioco elaborato per verificare lealta' e sudditanza delle varie gang al boss supremo. Il "gioco" nasce e si sviluppa inizialmente piu' su un sottile piano teorico che mortifica l'azione, e sembra virare piu' al lato ironico lasciando spiazzato chi, memore delle precedenti esperienze dell'autore, si aspetta repentini cambi di ritmo e scoppi di violenza: che tarda ad arrivare ma poi sopraggiunge, inesorabile, crudele ed implacabile, condita di humor grazie anche alla fissita' facciale di un Beat Kitano che non rinuncia alle sue smorfie, ai suoi tic impagabili e cosi' naturali proprio perche' reali e frutto di sue sventure personali. Certo, dopo la bizzarra trilogia incentrata sullo smarrimento dell'identita', sull'inadeguatezza a tener testa ai tempi che mutano - che ha caratterizzato i precedenti ultimi lavori del maestro - questo nuovo capitolo del percorso cinematografico di questo multiforme artista appare forse un passo indietro, o quanto meno un ritorno non sempre spumeggiante ad un passato che ormai sembrava essere stato messo da parte per provare nuove tappe, nuovi percorsi narrativi, nuovi traguardi.  

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