Espandi menu
cerca
Il truffacuori

Regia di Pascal Chaumeil vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Spaggy

Spaggy

Iscritto dal 10 ottobre 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 178
  • Post 623
  • Recensioni 235
  • Playlist 19
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il truffacuori

di Spaggy
8 stelle

E per una volta al diavolo l’analisi sociale del sottotesto, la connotazione semantica dei temi trattati, le implicazioni artisticosociali, le scelte autoriali che spingono la regia verso una direzione piuttosto che un’altra, l’interpretazione da Actor’s Studios degli attori o l’uso strategico delle luci. Andare al cinema troppo spesso diventa quasi un fenomeno snobistico: perdere di vista l’idea dell’intrattenimento puro coincide con il perdere di vista anche se stessi, con il ridursi come un vulcano spento solo per darsi quel tocco di tono che ci rende così intellettuali e con la puzza sotto il naso di fronte alle commedie romantiche. E si, Mereghettini miei, ogni tanto occorre staccare la spina ed evadere e “Il truffacuori” permette di trascorrere quasi due ore in piena spensieratezza, senza l’obbligo morale di arrovellarsi le membra per capire dove si voglia andare a parare: siamo di fronte ad una storia d’amore, l’ideale per questi giorni di convenzionale “pucci pucci” e “micio micio”!
 
Alex, ex pugile che ha mollato la carriera per via del suo “sgonfiarsi quando il gioco si fa difficile”, per tirare a campare e portare la pagnotta a casa, insieme alla sorella Melanie e al cognato Marc, ha fondato un’agenzia di sabotatori di coppie. La loro missione è rendere consapevoli le donne infelici del fatto che il loro compagno (fidanzato, marito o futuro tale) non è quello che fa per loro, non è quello che può garantirle la felicità senza annullare le loro personalità. Il loro motto è “aprire gli occhi e mai le gambe" e così, dietro laute ricompense dei familiari delle sfortunate infelici (del resto chi non si è mai reso conto che un’amica abbia un fidanzato sbagliato?), Alex si trasforma nel classico “profumiere”. Cos’è un profumiere? Beh, detto in parole spicciole è colui che te lo fa annusare ma non te lo da, colui che fa di tutto per conquistarti e quando ci riesce molla la presa e fugge via. Il profumiere è sempre altrove, non è mai nello stesso spazio della donna incautamente innamoratasi di lui. Per raggiungere lo scopo della sua attività, il profumiere ricorre a tutti i mezzucci possibili, coadiuvato dalla sua bella faccia, dall’aspetto da fotomodello di Paul Smith, dall’arguzia della sorella e dalla complicità tecnica del cognato: stratagemmi politicamente scorretti (compreso ad esempio l’uso improprio di un gruppo di bambini di un ospedale sperduto tra le dune del deserto africano), travestimenti da commedia surreale (oserei dire quasi da cartone animato), frasi sdolcinate rubate ai “Baci” e l’uso del pianto come arma di capitolazione definitiva. Tutto è concesso pur di mirare dritto al cuore delle povere indefesse, convincerle che l’uomo che hanno accanto non è quello giusto e risvegliare i loro desideri più sopiti.  
 
Nonostante il successo di Alex, l’agenzia di sabotatori, a causa dei costi eccessivi delle spese da sostenere (viaggi, cene, abiti e quant’altro sia strumento di lavoro di Alex), non naviga in buone acque, rischia il fallimento e il giovane si ritrova costretto, anche per via di un debito di circa 30 mila euro con un mafiosetto locale da saldare il prima possibile, ad accettare una missione quasi impossibile: spezzare il cuore della giovane Juliette, felice trentenne a dieci giorni dal suo matrimonio con il ricchissimo Jonathan. Luogo della missione: il principato di Monaco, dove la donna sarà sola per cinque giorni per ultimare i preparativi della cerimonia. Mandante dell’incarico: il padre di Juliette.
 
Juliette e il padre non hanno un ottimo rapporto dopo la morte della madre. La ragazza, esperta di vini, è ricca, agiata, vive nel lusso ed è abbastanza indipendente. Ha studiato economia ma cela un grosso mistero: dopo il primo anno di studi è scomparsa per dodici mesi senza dare alcuna notizia di sé. È prossima a sposarsi con un giovane affarista, plurimilionario, intelligente, affascinante e persino jet-munito. Il loro rapporto sembra essere solido, nessuna crepa tra i due.


Con uno stratagemma Alex riesce a farsi assumere come guardia del corpo della ragazza e dopo la sua diffidenza iniziale comincia a tampinare la ragazza ricorrendo a tutto ciò che lei adora: dalla colazione a base di roquefort alle canzoni di George Michael, dal film “Dirty Dancing” alle sonate di Chopin. I tentativi di conquista sembrano essere vani fino alla sera prima del matrimonio, quando complice una serata passata in un delfinario e il sensualissimo ballo sulle note di “(I’ve had) The time of my life”, con tanto di coreografia da Baby e Johnny (salto e presa in aria inclusi), la ragazza capitola al fascino di Alex, raccontandogli anche il mistero del suo periodo di scomparsa. Sarebbe tutto semplice se all’improvviso Alex non rinunciasse a portare al termine il suo piano: da spezzatore di cuori ha commesso un gravissimo errore, si è innamorato.


Il giorno del matrimonio si apre con Alex costretto alla fuga perché braccato dallo scagnozzo del suo creditore e con Juliette che scopre casualmente di essere stata oggetto del piano di divisione voluto dal padre. Sposerà o no il fidanzato? Alex riuscirà a non sgonfiarsi per l’ennesima volta, come gli rimprovera la sorella?
 
Costruito come la più classica commedia sentimentale, strizzando l’occhio a Cukor, il film non rinuncia all’aspetto comico ricorrendo ad espedienti di sceneggiatura che strappano più di qualche risata, garantendogli una sorta di continuità con la commedia romantica di cui regina era Doris Day.


Senza mai cadere nel volgare, l’effetto divertente viene lasciato alle tecniche e agli escamotage usati da Alex con la sorella e il cognato per mettere a segno le sue conquiste: dal finto furto dell’automobile tra le vie monegasche alla forchetta ficcata su entrambe le gambe, dallo scimmiottamento della pianista al concerto operistico alla “Wake me up before you go go” cantata per colpire Juliette, fino alla famosa scena che preannuncia il suo pianto, costruito quasi come un evento che prevede preparazione. Mentre Vanessa Paradis risulta quasi sottotono in un ruolo spento per copione, Romain Duris regge la scena per tutto il tempo senza far rimpiangere i ruoli interpretati per Klapisch, dimostrando di avere toni comici inaspettati.


Di grande aiuto al film sono i personaggi di Melanie e Marc, che grazie ai loro continui travestimenti rendono il film una sorta di commedia dell’equivoco in continua ascesa. Melanie e il marito fanno di tutto per aiutare Alex: passano dall’essere una crocerossina in Africa e un tuareg all’essere la concierge e l’idraulico dell’albergo, dall’essere la teppista che assale Juliette rubandole l’auto e l’idraulico che ripara l’aria condizionata all’essere la cameriera ai piani e lo speaker della radio monegasca con accento abruzzese che trasmette solo gli Wham. Due scene su tutte restano impresse: Melanie che vorrebbe tenersi la borsetta di Hermes sottratta dall’auto rubata a Juliette e Marc che prova il salto della coreografia di “Dirty Dancing” con Alex. Ottimi i due interpreti: Julie Ferrier e François Damiens, impagabili nei titoli di coda.


Alla sceneggiatura, in certi punti lacunosa, corrono in aiuto diversi personaggi che garantiscono il tono surreale della vicenda, come l’uomo pittbul, lo scagnozzo dell’uomo con cui Alex ha il debito, o come Sophie, l’amica dalle “formiche nella vagina” che ricorda a Juliette gli anni di bagordi vissuti in passato, risvegliando un lato sopito del carattere della ragazza, e che nei titoli di coda si dimostra utile nel garantire un happy end a tutti i personaggi.


Infine, l’ambientazione a Montecarlo tra auto e negozi iperlussuosi, panorama mozzafiato e curve da circuito di Formula Uno conferiscono una nota di glamour a tutta la storia. 


Una commedia spensierata che non pretende di analizzare i rapporti amorosi di oggi e la fragilità di uomini e donne nei rapporti amorosi, si ride in maniera intelligente senza interrogarsi troppo sulle ricadute psicologiche e senza perdere mai i vista che la vera chiave della felicità consiste nell’amore, di qualunque natura esso sia, senza limiti di classi sociali, di differenze economiche o di stili di vita. E non importa che sia un amore appena sbocciato (come quello dei due protagonisti) o rodato del tempo (come quello tra Melanie e Marc), basta essere felici.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati