Regia di Sergio Corbucci, Albert Band vedi scheda film
Scialbo proto-spaghetti western privo di originalità alcuna diretto da un regista, Sergio Corbucci, che diventerà poi invece uno degli autori di punta di tale subgenere. Pessimo il protagonista James Mitchum, figlio del grande Robert. VOTO: 3
Pochi fotogrammi dopo lo sparo di partenza e un dubbio mi ha assalito: ma come faceva Robert Mitchum, uno dei nomi forti di Hollywood già nella gloriosa stagione del cinema noir anni '40 ad avere un aspetto così giovanile nel 1964? La risposta, ovvia, è che il protagonista di questo “Massacro al Grande Canyon” non è il grande Mitch ma piuttosto suo figlio James, classe '41. Un attore che francamente non conoscevo ma che possedeva una somiglianza a dir poco straordinaria con suo padre. Peccato però che le similitudini tra i due si fermino ai tratti somatici, perché quanto a qualità attoriali tra i due v'è un abisso. Lo sguardo apparentemente sonnolento di Mitchum Senior andava di pari passo con uno straordinario carisma che da solo occupava l'intera scena, Mitchum Junior da qui invece la costante impressione di essere sul punto di avere un attacco di narcolessia. E non sorprende quindi più di tanto il fatto che abbia avuto una carriera 'periferica' e meteorica nonostante il nobile cognome. Ma carenze interpretative a parte, questo precoce esperimento western di Sergio Corbucci avrebbe comunque ben poco da offrire anche solo a livello di copione, con una storia già vista mille volte e caratterizzata da toni e tematiche lontanti anni luce da quelli 'riformisti' che rappresenteranno la spina dorsale del subgenere spaghetti-western. Last but not least, Corbucci spreca anche la cartuccia action nella scena madre al Grande Canyon del titolo, riducendo il tutto a una mega sparatoria tra i due bandi rivali nella quale risulta praticamente impossibile stabilire chi sta con chi e/o contro chi. Nel complesso resta questo molto probabilmente il peggior lavoro assoluto per un autore che saprà comunque ben rifarsi negli anni successivi.
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