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Il sentiero

Regia di Jasmila Zbanic vedi scheda film

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La recensione su Il sentiero

di FilmTv Rivista
4 stelle

Sarajevo, oggi. Lei è Luna, lui Amar. Sono musulmani, non osservanti. Lei è una hostess: vola e ritorna sempre da lui, controllore di volo. Ma lui non si controlla, persevera nel bere, perde il lavoro. Lei ha pure un desiderio che lui non riesce a soddisfare: un figlio. Eppure, nell’ostinazione dell’amore, nell’armonia tra carnale e spirituale, sono ancora lì, insieme. Decidono per l’inseminazione artificiale, decidono di aspettare una nuova possibilità di impiego per Amar. Che non tarda: giunge insieme a un incidente, nello scontro tra l’automobile di lui e quella di un altro, Bahrija, che gli propone di insegnare informatica in un campo Wahabita. Dove l’islamismo è integralista, dove il Corano non è suscettibile di intepretazione personale. Dove donne e uomini sono divisi da veli e pareti, da differenti diritti, differenti doveri. Fisicamente, simbolicamente. Il triangolo, in questa storia d’amore dai nervi radicati nel territorio, è tra lui, lei e la Religione. Perché la guerra, qui, in quella che un tempo chiamavano polveriera, è comunque un conflitto privato. Perché lui è sedotto da un credo totalitario: che pensa in sua vece, che finalmente lo controlla. E anche se lei è paziente, la fede acceca infine anche l’amore. Jasmila Zbanic, autrice del notevole (e premiato con l’Orso d’oro a Berlino 2006) Il segreto di Esma, affronta nuovamente il rapporto tra il femminile e il paesaggio culturale bosniaco. E mentre con minuzia e sensibilità ritrae la sua protagonista, si propone il compito di restituire la complessità della questione religiosa interna, il dissidio che non può che essere una questione familiare: qui l’islamismo non coincide - ovviamente - con l’integralismo, l’integralismo non coincide necessariamente con il terrorismo. L’approccio alla fede non è univoco, ma ramificato in sentieri divergenti. Che separano. La Zbanic ha uno sguardo realistico, s’affida a un simbolismo gentile, ma sviluppa il tema con una dialettica monacale anche per quanto riguarda la fertilità delle idee. E nonostante eluda scientemente le generalizzazioni, non rifugge un certo, pedante didascalismo. Così la grazia problematica e militante con cui descrive il personaggio femminile - il grumo di desideri e frustrazioni, quel troppo passato e quel troppo futuro - riduce il resto a propria mera funzione, stagliandosi su un ambiente umano bidimensionale e stilizzato, anche nelle sue contraddizioni.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 3 del 2012

Autore: Giulio Sangiorgio

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