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Je vais bien, ne t'en fais pas

Regia di Philippe Lioret vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Je vais bien, ne t'en fais pas

di joseba
4 stelle

Adattamento dell'omonimo romanzo del 2000 di Olivier Adam, Je vais bien, ne t'en fais pas è il quinto lungometraggio di Philippe Lioret, regista nato nel 1955 e affacciatosi al mondo del cinema negli anni '90 come ingegnere del suono. Coadiuvato in sede di sceneggiatura dallo stesso Adam, Lioret reinterpreta piuttosto liberamente il testo di partenza, mantenendone sì l'impianto di fondo (la scomparsa del fratello che devasta emotivamente Lili) ma alterandone pesantemente il dettato tramico e il registro stilistico (le distorsioni cronologiche del libro lasciano spazio alla più leggibile delle linearità e le tonalità smorzate cedono il passo a una drammaticità di grondante patetismo).

La reticenza, le ellissi e le sottigliezze che caratterizzavano le pagine del romanzo vanno quasi completamente perdute in una sceneggiatura che appiattisce le sfumature, ammorba le situazioni e preferisce la didascalia rassicurante all'ambiguità del non detto: nel film i fratelli diventano magicamente gemelli (nel libro ci sono due anni di differenza), i disturbi alimentari di Lili degenerano in anoressia ospedalizzata e, a scanso di equivoci, il mistero della scomparsa di Loïc viene accuratamente sciolto nel finale. Analogamente, l'atmosfera di morbida menzogna che regna nella famiglia Tellier tratteggiata dall'Adam romanziere si inacidisce, nella pellicola di Loiret, in un clima di rancore e recriminazione grazie al quale la figlia può agevolmente rimproverare l'immobilismo del padre lanciandogli occhiatacce o insultandolo a più riprese.

La banalizzazione sentimentale del romanzo di Adam (in parte responsabile dell'appiattimento in quanto cosceneggiatore) è così prepotente da interessare anche la figura maschile che reca sollievo ai tormenti dell'inconsolabile Lili: se nel libro si tratta di un giovanotto sfigato che condivide lo status di emarginato con la protagonista, nel film è un ragazzo tanto fascinoso quanto integrato (tant'è che fa conoscenza con Lili perché fidanzato con la sua migliore amica: altra finesse di sceneggiatura sfoderata dalla premiata ditta Lioret/Adam).

Il "volemose bene" conclusivo, manco a dirlo, è d'obbligo in un film che in Francia ha avuto enorme successo ed è valso un paio di César 2007 agli interpreti (migliore attore non protagonista a Kad Merad nel ruolo del padre e migliore promessa femminile a Mélanie Laurent nella parte di Lili). Eppure ci troviamo di fronte a una trasposizione enfatica, semplicistica e melensa, imbellettata da una messa in scena calligrafica (non si contano i primi piani e i movimenti di macchina che fanno tanto intimismo struggente) e illanguidita da un commento musicale di bituminoso sentimentalismo (magister Nicola Piovani fecit). Una volta tanto non possiamo lamentarci della mancata distribuzione in Italia: meglio, molto meglio procurarsi il romanzo di Adam edito dalla minimum fax e non farsi impiastricciare gli occhi da questa riduzione di alquanto discutibile gusto. Je vais bien ne t'en fais pas c'est pas pour moi.

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