Espandi menu
cerca
Welcome

Regia di Philippe Lioret vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Decks

Decks

Iscritto dal 31 agosto 2014 Vai al suo profilo
  • Seguaci 6
  • Post 7
  • Recensioni 190
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Welcome

di Decks
9 stelle

Quando l'ultima scena volge al termine e partono i titoli di coda, è naturale chiedersi cosa abbiamo appena visto in questo bellissimo film di Philippe Lioret: una tristissima storia d'amore? Sì. Una denuncia al sistema politico francese? Senz'altro. Ma su tutti, Lioret si è assunto il compito di inviare un messaggio di solidarietà e accoglienza verso quegli emigranti, che a breve saranno una miriade nelle strade del mondo, senza aiuti di sorta e un'unica legge che non fa altro che peggiorare la situazione.

 

L'idea di ambientare a Calais la vicenda di Bilal e Simon, non solo è saggia, ma rispecchia fedelmente lo stato attuale delle cose: Londra è la nuova El Dorado; una meta ambita per le sue possibilità lavorative, non più dai soli clandestini in fuga dalla guerra, ma da molte persone appartenenti a stati europei in gravi crisi finanziarie (compresi noi italiani). In questa nuova terra promessa non tutti sono ammessi: varcare il confine diventa un'impresa sovrumana in cui i più saranno puniti con dure sanzioni, mentre altri moriranno. Bilal, un ragazzo minorenne, si vedrà costretto a superare una prova olimpionica per attraversare 34 chilometri.

Se già non fosse abbastanza il divieto di oltrepassare il confine anche rispettando tutte le procedure legali, a Calais vige un clima razzista e persecutivo nei confronti delle minoranze etniche: non a caso, esso verrà paragonato alle persecuzioni ebraiche del '43. Il pubblico non può far altro che restare inorridito dal modo con cui vengono trattati questi esseri umani: discriminati e maltrattati da un popolo, che invece di usare termini quali umani, individui o persone li indica come estranei, clandestini e immigrati.

Lioret, però, non punta al buonismo: prova di questo non è solo il triste finale, ma un furto perpetrato verso Simon; all'altruismo si risponde con un crimine, un'azione, questa, che farà infuriare Simon, ma intelligentemente, egli accantona l'ira comprendendo il motivo di un tale comportamento: non l'odio o la cattiveria (come invece i mass media vorrebbero indurci a pensare) ma una devastante conseguenza di una realtà ingiusta e impropria.

 

Il regista inizialmente focalizzerà la macchina da presa su Bilal, ma sarà Simon a esserne il vero protagonista: incarnando il tipico europeo di mezz'età che di fronte alle iniquità decide di rimanere in silenzio: accetta il sistema perchè non gli riguarda direttamente, preferendo rimanere anonimo e in disparte.

Lioret non ci fa intendere se Simon è mosso da vera compassione o da un meschino desiderio di elevarsi agli occhi della ex-moglie: l'orgoglio con cui dimostra la propria generosità nell'accogliere due ragazzi curdi è sospetto, ma Lioret non si incentra sul perchè Simon abbia compiuto tale gesto, ma sul rapporto che si instaurerà tra i due dopo quell'atto quasi involontario.

Speculari l'uno dell'altro, entrambi sono sconfitti dall'amore perduto o lontano: Simon insegnerà a nuotare a Bilal, ma viceversa, il giovane ragazzo iracheno darà una forte lezione all'uomo su cosa sia realmente un forte sentimento; un amore vero che non si arrende di fronte a ostacoli o distanze.

Bilal è un eroe tragico: un titano che affronta le onde impetuose del suo destino senza rimorsi; Simon, al contrario, è uno sconfitto. Incapace (come dirà egli stesso) di attraversare una strada per fermare l'amore della sua vita.

Bracciata su bracciata si intensificherà il rapporto tra i due: uniti sia dalla volontà di entrambi nel ritrovare sé stessi e i propri sentimenti; sia per quell'acqua, elemento primitivo, che innesca le dinamiche relazionali e allo stesso tempo è luogo di risoluzione del dramma; quel liquido da cui tutti siamo nati, migliaia di anni fa, senza distinzioni di razza.

 

 

 

Se il rapporto tra Bilal e Simon è così ben caratterizzato bisogna ringraziare le sceneggiature: da dialoghi bruschi e brevi vi è una lenta trasformazione in parole più intense; si discute sempre più animatamente e con una forte passione per l'un l'altro, fin quando, forse per una paternità negata, Simon arriverà ad affermare "è mio figlio", decretando così il suo reato (se così lo vogliamo chiamare) alzando per la prima volta la testa contro le prepotenti autorità. Dialoghi che funzionano anche in scene tragicomiche, riuscendo a strappare più di una volta una risata allo spettatore, dovuta o all'atteggiamento cinico di Simon o all'ingenuità adolescenziale di Bilal.

Ad aver reso perfetta la figura di Simon, non sono solo le sceneggiature, ma Vincent Lindon: effettua un interpretazione appassionante, passando da sguardi duri e irremovibili a occhi pacati e amichevoli; l'attore francese attraverso piccoli segnali: quali tonalità di voce e movenze, esprime tutte le sue emozioni senza dover aprire bocca.

L'aspetto tecnico più riuscito, è però, sicuramente la fotografia di Laurent Dailland: prediligendo colori blu scuri o azzurrini mantiene costantemente un'atmosfera tra il malinconico e lo spettrale: contrasti significativi tra lo squallido porto e un'accogliente dimora; o quelli tra la piscina, colorata e illuminata, contro le gelide acque scure della Manica: quest'ultime danno un forte senso di disagio, immedesimandoci nella situazione di Bilal che combatte quel profondo blu. Una lotta che Bilal è già costretto a fare all'inizio, solo che il velo che lo ricopre non è liquido ma di plastica. Tolta questa differenza, il risultato è il medesimo: rimarrà senza fiato.

 

Lioret combatte strenuamente per le sue idee, in modo piuttosto eccessivo: preso dalla foga di mostrare atti disumani e inaccettabili, si dimentica della cinepresa: non solo resta in secondo piano, ma finisce per commettere errori da dilettante. Imprecisioni che gli si può perdonare visto che il suo scopo non era il raggiungimento di una tecnica registica all'avanguardia, quanto la denuncia politica.

Rimane indigesto però, il fatto che dopo la prima metà il film perde mordente: la storia tira una brusca frenata, limitandosi a mostrare un rapporto ormai paterno tra i due protagonisti e numerosi abusi, dilungandosi così, fino al finale che, sicuramente, tocca la corda dei sentimenti, ma sembra quasi che Lioret sia andato a cercare appositamente scene drammatiche per imprimere una forte lezione morale nello spettatore.

 

Tanta bellezza e tanti insegnamenti vi sono in questa pellicola, a cui è consigliata la visione non solo ai più rigidi xenofobi, ma anche agli alunni delle scuole, istruendoli sul fatto che integrazione non è sinonimo di catastrofe.

Un film vibrante e pieno di umanità. Riesce ad essere un documento di forte impatto sociale anche attraverso pochi fotogrammi: Sarkozy che passa velocemente in televisione. Colpevole di aver considerato, non solo la clandestinità un reato, ma punendo duramente anche coloro che vogliono aiutare, non extracomunitari, ma persone; o lo sguardo avvilito di Simon sullo zerbino del vicino ignorante e razzista: un individuo incapace persino di attenersi alla scritta del suo tappetino. Un ironico e provocante Welcome.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati