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Il canto delle spose

Regia di Karin Albou vedi scheda film

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La recensione su Il canto delle spose

di FilmTv Rivista
8 stelle

In amore e guerra tutto è permesso. Forse perché entrambi, spesso, sono crudeli, fatali, ingiusti. E Il canto delle spose esplora l’uno nell’altro, mostra passioni contrastanti e contrastante implodere in un mondo dimenticato. Una storia intimista che fuori dalla sua finestra vede un’occupazione nazista, la banalità del male con le croci uncinate che terrorizza e rende molti complici e colpevoli: nella Tunisia del 1942 musulmani ed ebrei convivevano, dividendo persino lo stesso bagno turco, nel film gineceo e centro umano e politico (lì sappiamo di Myriam bocciata per aver cantato un inno contro Vichy e Petain, lì la sodale Nour la salva da una retata brandendo un volantino di propaganda nazista che prima le aveva divise). Nour (Olympe Borval) e Myriam (Lizzie Brocheré, bellezza struggente) sono unite da un affetto fatto di una tensione tenera e appassionata, sono cresciute insieme, vicine di casa, compagne di giochi, confidenti. Due adolescenti in simbiosi che trovano l’una nell’altra un completamento e che verranno travolte dalla follia di un Olocausto esportato anche in Nord Africa. Karin Albou, con sensibilità e talento, racconta delle donne divise dal conflitto ma sempre unite dalla loro condizione di genere, comunque sottomesse e soffocate da religioni e tradizioni. Racconta un erotismo che nasce, corpi che sbocciano (potrebbe risparmiarci, magari, qualche inquadratura ginecologica), e sullo sfondo, mette stivali, marce, bombardamenti, visi ottusi, collaborazionisti. La cineasta si ritaglia il ruolo scomodo di una madre costretta a compromessi - una donna che si fa veicolo di maschilismo, vittima e carnefice del sistema - e non si e ci risparmia nulla. Francoalgerina ed ebrea, Karin è dolce e implacabile: così come accarezza l’amicizia tra le due protagoniste, tortura le debolezze dei loro uomini vigliacchi, con lei scorgiamo la Storia nuda e cruda, senza pregiudizi, da un padre severo che sa leggere davvero il Corano (ma non suo genero e il suo popolo) a una comunità ebraica che scende a patti col diavolo.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 50 del 2009

Autore: Boris Sollazzo

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