Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Se la vita non ci permette di avere ciò che vorremmo, tanto vale farla finita. Questo film televisivo riprende un testo di Camilo Castelo Branco, uno dei principali esponenti del romanticismo portoghese, scritto a metà del XIX secolo: e si vede. La passione e la perdizione camminano di pari passo nella storia, gli ideali sono soltanto sentimenti, ma sono molto più concreti della realtà. Contro la quale i due giovani amanti continuano a sbattere, senza spostarsi di un centimetro: ormai hanno delineato la loro strada e non intendono percorrerne altre. L'esperimento di De Oliveira senz'altro funziona, ma comprensibilmente può essere un lavoro difficilotto a digerirsi: sei episodi da 45-50 minuti ciascuno fanno un totale di oltre 270 minuti, quattro ore e mezza!, di pellicola. E in quattro ore e mezza le inquadrature si possono contare sulla punta delle dita, o quasi; il cinema di De Oliveira ha uno stile pittorico e questo Amore di perdizione ne è un po' la summa, fra interni lussuosi perfettamente arredati (contrapposti a gelide celle di galera o di convento, così come la severa generazione dei genitori si contrappone a quella sognatrice dei figli), rari esterni, azione concentrata nell'inquadratura che sporadicamente si concede qualche zoom per meglio seguirla. Un'operazione titanica che mantiene intatto il sapore del romanzo d'origine. Fra i narratori (la storia è raccontata dalla sorella del protagonista Simao, ma anche dallo scrittore, nella veste impersonale di narratore) c'è anche lo stesso regista.
Portogallo, inizio Ottocento. Simao e Teresa, appena diciottenni, si amano, ma le famiglie si oppongono: il padre di lei la vuole sposa ad un altro. Teresa si rifiuta e viene chiusa in convento. Simao uccide il rivale ed è condannato a morte; suo padre interviene e la pena è commutata in dieci anni di esilio alle Indie. Caricato sulla nave Simao, Teresa muore di crepacuore. Simao si ammala e si lascia morire.
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