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Death in the Land of Encantos

Regia di Lav Diaz vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Death in the Land of Encantos

di BirreciPaolo
9 stelle

Death in the land of encantos, di Lav Diaz ; (2007) - Durata 540 minuti

 

 

 

Tra gli autori di maggior fascino e prestigio nati dal punto di vista cinematografico a cavallo tra il vecchio e l'inizio del nuovo secolo è fondamentale ricordare Lav Diaz, autore di un nuovo cinema filippino che vede altri cineasti come Brillante Mendoza, che attraverso opere che hanno ricevuto il plauso da vari festival di prestigio in tutto il mondo, sono riusciti a ritagliarsi uno spazio nella comunità cinefila mondiale. Lav Diaz è un autore destinato a rimanere ai margini da questo punto di vista , il suo stile per niente accomodante e senza alcun tipo di compromesso, specialmente sul lato visivo, lo rendono un autore dal difficilissimo approccio. Il suo Death in the land of encantos non è solo uno dei film più colossali dell'autore in questione, ma in generale di tutta la storia del cinema, la mia considerazione non è frutto della sua impressionante durata, ma di quello che mostra e tenta di raccontare, tra campi lunghi e lunghissimi, interminabili piani-sequenza, un utilizzo spasmodico della camera a mano (tanto da dare in certe sequenze uno stile amatoriale alla pellicola), un bianco e nero sporchissimo, l'eliminazione pressoché totale di qualsiasi primo piano e un utilizzo del montaggio quasi inesistente, ma giustificato nel suo utilizzo spiazzante e violento, rendono questo film un gesto cinematografico che ha del sovrumano. Come spesso accade con Diaz, il suo cinema racconta, ma solo sullo sfondo, terrificanti disastri naturali che accadono nelle Filippine, in questo caso si tratta del tifone "Durian", che colpì lo stato il 30 novembre 2006, questo disastro ha i connotati di una sorta di apocalisse umana che va al di fuori del devastante tifone, perchè è intrinseca allo stato e a chi lo popola. Il cineasta che con questo film vinse la sezione orizzonti durante Venezia64, compie un lavoro sociologico e psicologico sul suo stato che ha pochissimi rivali nella storia del cinema, forse nessuno. Attraverso un racconto corale, ma che ha come epicentro l'autoesilio di un poeta filippino, ritiratosi in Russia e tornato nel suo stato d'appartenenza dopo il disastro naturale solo per seppellire i suoi cari. Diaz pone le basi che successivamente approfondirà, utilizzando in maniera integrale tutto il tempo che occorre, con l'ausilio di una durata spropositata e al di fuori degli standard classici, queste basi si trasformano in una lancinante riflessione su un popolo cieco e malato, ma che Diaz non condanna del tutto, anzi grazie a citazioni sulla cultura Russa, letteraria e poetica, che richiama una grande passione dello stesso Diaz verso autori come Tolstoj e Dostoevskij, che il film mette in discussione, avanza un profondo parallelismo con il suo stato, le Filippine. I personaggi dell'opera propongono disperate discussioni sul fallimento delle istituzioni, politiche sociali o addirittura artistiche non fa differenza, che non lasciano scampo alla ribellione, uno stato in cancrena anche dal punto di vista criminale, come dimostra il crudele ma semi aperto finale. Un popolo attaccato a tradizioni folkloristiche, che il tempo annullandosi a causa del disastro diventa un non-tempo, Diaz mette in discussione, attraverso questo mezzo, il tempo e lo spazio cinematografico per creare qualcosa di mai visto prima, e che riesce a sconvolgere anche uno spettatore navigato e attento all'evoluzione del linguaggio cinematografico. L'opera non tralascia niente, nemmeno il passato in Zagabria, con sequenze immerse in una notte dal sapore inquietante, ma che servono per dare una dimensione universale al film, durante la durata della pellicola, la narrazione lascia intendere che il protagonista soffra di disturbi paranoici ereditari, le sequenze in Zagabria potrebbero avere anche questo legame. Il poeta protagonista attraverso una vecchia relazione sentimentale, dona al film sfumature da melodramma, sempre molto criptico e astratto.

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