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Achille e la tartaruga

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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Mike.Wazowski

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La recensione su Achille e la tartaruga

di Mike.Wazowski
6 stelle

"I poveracci non capiscono niente di arte, fai scegliere tra un Picasso e una ciotola di riso, il poveraccio sceglierà il riso" questo è l'assunto detto da un commerciante di cibo di strada, e non ha tutti i torti!

L'arte è fatta dai poveri e data per lo più hai ricchi, senza cognizione di causa, non ne capiscono un tubo e la adorano senza comprenderne il vero significato " che cosa vuole dire" " questo non glielo posso dire, a molto più valore se non si conosce". Questo non viene compreso tutto l'amore la passione, il dolore che ci può essere in un opera d'arte, alla fine quello che si pone in campo è i soldi che può guadagnare il mercante d'arte, e il valore che acquisirà nel tempo l'opera da parte del mecenate.

Si parte dal paradosso di Achille e la tartaruga di Zenone del V secolo a.c..


Piccola premessa da parte mia ho sempre pensato quanto questi filosofi, scienziati, astronomi, matematici fossero state delle persone sole e continuo ad averne le conferme.


Comunque si parte dall'assurdo che Achille non raggiunga la tartaruga e questo è vero, ma in realtà la supera. Nel tempo di 2 secondi la tartaruga ha compiuto con 9 mt di vantaggio + 2 mt = 11 mt, Achille invece nel tempo di 2 secondi partendo da zero ne ha compiuti 20 mt. Quindi ben 9 mt di vantaggio.
 
Il paradosso si stringe sull’assioma del raggiungimento di Achille alla tartaruga nei 9 metri che li separano, ma quest’ultima è in continuo movimento, Quindi è proprio quel decimo di secondo che li separa l'uno dall'altro,  che farà la differenza infinita tra loro due.

Questo viene riportato da Kitano all'arte, come succede al protagonista, che per un infinità di tempo non raggiunge mai la notorietà e la fama per quel decimo di secondo che lo separa dal diventarlo. Il tutto naturalmente è valutato da un mercante d’arte che ne capisce? Oltre ad approfittarsi di lui, prendendogli dei quadri che non si sa neppure se li paga, sembra essere sempre così talmente critico ed offensivo da non sapere se effettivamente lo fa apposta oppure è realmente serio. Esprimere un giudizio su di un opera d’arte o si può paragonare per esempio alla valutazione dei tuffi alle olimpiadi o il pattinaggio artistico, da parte di una giuria, ma anche la valutazione di un film o persino il premio alla carriera dopo tanti mancati riconoscimenti. Siamo noi che proclamiamo il successo o meno di un prodotto, senza certe volte contare quello che ci può essere dietro.
 
La cosa che non ho gradito e quindi da cui deriva la sufficienza è il compiacimento caricaturale sul dramma mostrato, ripetuto all’infinito che ad un certo punto ci si stanca e ci si abitua.
 
Inoltre non sappiamo quanto paghi pegno “la pazzia” che ad un certo punto affligge il protagonista che non prova alcun tipo di risentimento, quasi autistico come Raymond Babbitt, anche di fronte al dolore più estremo.
 
Vien da pensare, che la noncuranza del protagonista a ciò che lo circonda e che avviene intorno a lui e quindi la ricerca di surclassare quel decimo di secondo, sia semplicemente una forma di esorcizzazione al dolore che si porta dentro, senza farlo apparire ai nostri occhi. E' solo un mio pensiero oppure per meglio dire mi piace pensarla così. 

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