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Sans soleil

Regia di Chris Marker vedi scheda film

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La recensione su Sans soleil

di Azrael
8 stelle

Il puro presente è il processo impercettibile in cui il passato avanza divorando il futuro. A dire il vero, ogni percezione è già ricordo (Henri Bergson - Materia e Memoria).

 

La funzione del ricordare fa parte della stessa famiglia del dimenticare: entrambe hanno origine nell'oscurità. Tutto ciò che viene percepito deve passare il vaglio dell'esperienza individuale, che opera una selezione per immagini. Le immagini che vengono immagazzinate nella memoria poi divengono ricordi, i ricordi formano una storia, che diviene con il tempo la nostra persona. 

La labilità del ricordo, la sua inerente impermanenza, fa si che la memoria venga continuamente riscritta, una continua rivoluzione che opera anche oltre la coscienza. Nel luogo "senza sole" dove i ricordi riaffiorano, dove le immagini vengono cristallizzate, infiniti fotogrammi di un nastro in continuo movimento. 

 

La narrazione di questo film, oggetto non ben identificato tra documentario e fiction, si sviluppa come un diario di viaggio sotto forma di ricordo. Una voce narrante femminile racconta, o legge ("he wrote me", recita a voce a inizio film), i ricordi di tale Sandor Krasna (un cameraman posticcio, il cui nome appare nei titoli di coda) riguardanti i suoi peregrinaggi in vari paesi del mondo. Le immagini filmiche si susseguono in un continuo scorrimento, mimando lo scorrere dei ricordi nella memoria. Del ricordo riprendono anche il suo apparire, la sua fugacità e inconsistenza, fissandosi su dettagli all'apparenza indifferenti, oppure compiendo enormi salti nello spazio. Le immagini che scorrono a volte si fermano per qualche secondo, imitando l'imprimersi di un singolo frame nella memoria, il suo incasellamento nel deposito oscuro dei nostri ricordi, pronti a tornare fuori in qualsiasi momento. Un vero e proprio collage di luoghi, persone o spazi tra loro distanti, che seguono lo stesso flusso di immagini, senza collegamento apparente, tramite l'unico filo conduttore della memoria individuale, che sola può creare ponti tra dimensioni aliene l'una dall'altra, attribuendo significati anche laddove non c'è nulla. Una passeggiata solitaria in una spiaggia desertica può far riaffiorire il ricordo in una giornata a Tokyo di qualche anno prima, l'osservazione di un rito tradizionale nel culto dei morti in Giappone può rimandare a pratiche simili in Guinea, o a Capo Verde, e mergersi con riflessioni sulla storia di questi paesi. Non c'è limite all'estensione dell'esperienza individuale che riaffiora tramite la memoria, così come non c'è vuoto che possa colmare il ricordo, perché esso costituisce in essere la nostra individualità. 

 

La storia di ciascun individuo, di cui la memoria è solo un riflesso, si forma quindi nel corso del tempo da queste immagini ferme, che vengono depositate in una camera oscura e tornano in superficie in qualsiasi momento.

"The willow sees the heron image upside down" (il salice vede sottosopra il riflesso dell'airone), così recita un haiku di Matsuo Basho presente all'interno del film. Si ragiona su come le esperienze di ognuno siano sempre inquadrate in un determinato paesaggio, dal quale vengono selezionate delle immagini, alle quali attribuiamo diversi significati. Queste immagini, immobili come frame fotografici, costruiscono nel tempo i nostri ricordi. La memoria è quindi costituita da un'operazione artificiosa, nella quale l'arbitrio dell'individuo costituisce il principale filtro, tramite un esercizio di appropriazione per immagini. 

 

Giappone, Guinea, Capo Verde e la figura di Luis Cabràl. Memoria e storia, non solo quella individuale. La stroria segue lo stesso corso della memoria, questo mondo di apparenze e dimenticanze è comune ad entrambe le dimensioni. I due mondi comunicano tra loro e si scambiano vicendevolmente. La memoria fabbrica continuamente gli eventi passati, creandone nuove versioni e attribuendo nuovi significati, così come la storia nel suo corso raccoglie una multitudine di esperienze che vengono represse o negate, nell'interesse di fabbricare artificialmente una rivoluzione, una guerra, un'identità nazionale. 

Il lato più propriamente documentaristico del film tratta questo tipo di tematiche, insieme ad una lunga disserzione sul Giappone e il conflitto modernità contro tradizione, il culto e la rivoluzione industriale. Un tema apparentemente lontano dai conflitti bellici dell'Africa post-coloniale, eppure legato nella memoria, che fa mergere senza limite diverse identità culturali. 

 

C'è un filo invisibile che collega questo lungometraggio a La jetée. Se in quest'ultimo il protagonista era un uomo incapace di ricordare, in Sans Soleil si paventa la possibilità di un uomo venuto dal futuro, incapace di dimenticare. Ma la possibilità di una memoria infinita in grado di registrare ogni cosa è accolta con profonda inquietudine. A questo si unisce una riflessione sull'atto del filmare, il creare una memoria di immagini "concrete", spirate dalla loro labilità e inconsistenza nel pensiero. Forse anche un discorso sulla capacità del cinema, della fotografia e delle altri arti visive di condizionare la memoria. Come accade con l'immagine, alla quale Marker torna più volte nel film, degli occhi di una donna al mercato a Praia in Guinea, un fermo immagine di a malapena un secondo, ora fissato per sempre. 

 

L'impressione di un preciso colore per strada trasporta in un altro paese, un'altra distanza, un'altra musica, senza fine. Questa è alla fine la caratteristica più importante della memoria, quella di essere eterna nel tempo di una vita mortale. Non importa quanto si vuole rifuggirle, questa tornerà sempre, divenuta ormai parte del proprio io. Un nastro magnetico eterno di un tempo che dovrà rileggere se stesso costantemente, solo per sapere ed essere sicuro che in qualche momento e da qualche parte è davvero esistito. 

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