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Non dimenticarti che stai per morire

Regia di Xavier Beauvois vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non dimenticarti che stai per morire

di degoffro
6 stelle

“Il romanticismo non aspetta, supera la morte. La fa accelerare o, al contrario, la rallenta per assaporarne meglio le fasi. Il romanticismo erotizza la morte, come sottolineò Baudelaire con il doppio tema eros e thanatos. L’estetica romantica capta la potenza folle della morte. E’ come una droga che, una volta nelle vene, dilata fino all’infinito la capacità di sentire, gioire e persino di contemplare.”
Premio della giuria al Festival di Cannes del 1995 (Palma d’oro a “Underground” di Kusturica, giuria presieduta da Jeanne Moreau) e vincitore del Prix Jean Vigo, “N’oublie pas que tu vas mourir”, opera seconda di Xavier Beauvois (classe 1967), dopo l’inedito “Nord”, può essere accostato, solo superficialmente, per la parabola ineluttabile del personaggio principale a “Notti selvagge” di Cyril Collard del 1992. Meno rabbioso, gratuito ed eccessivo, però. Più coinvolgente e strutturato. Beauvois mette in chiaro in modo fin troppo esplicito le sue intenzioni nella sequenza in cui il protagonista descrive “La morte di Sardanapalo” di Delacroix. Il suo è un eroe romantico che “capta la potenza folle della morte che, come una droga, una volta nelle vene, dilata fino all’infinito la capacità di sentire, gioire e persino di contemplare”. Questa impostazione rende il racconto meccanico culminando in un finale piuttosto ovvio e sbrigativo nella sua programmatica e poco sincera tragicità. Parigi 1995. Benoît, studente di storia dell’arte, riceve la chiamata per l’esercito. La notizia lo scuote, anche perché il ragazzo non ha voglia di perdere dieci mesi della sua vita ma un amico lo mette di fronte alla dura realtà: “Non hai scelta, l’esercito ti farà bene.” Benoît studia ogni mezzo per saltare la leva ed arriva a consultare anche uno psichiatra per ottenere l’esonero: “Deve soltanto amplificare i problemi che potrebbe avere o che ha avuto, ma non inventare.” è il suggerimento che riceve. Nel test effettuato il primo giorno di leva si finge omosessuale e tossicodipendente, ma viene lo stesso giudicato idoneo. Dopo un tentativo di suicidio (si taglia le vene con una lametta), scopre di essere sieropositivo. Decide così di darsi ad ogni tipo di esperienza e trasgressione, dalla droga al sesso, vagabondando in giro per l’Europa verso una progressiva autodistruzione. Arrestato per un furto d’auto, in prigione conosce Omar grazie al quale diventa corriere della droga: “Vuoi dividere i soldi ma non i rischi.” Dopo una riuscita consegna in Olanda, si trasferisce a Roma dove incontra Claudia di cui si innamora. Quindi d’improvviso abbandona la donna che ama e decide di arruolarsi per andare a combattere nella ex Jugoslavia. La densa materia narrativa (droga, omosessualità, aids, servizio militare, guerra in Croazia) viene saltuariamente alleggerita da fugaci schegge di ironia (il furto di un’auto e l’immediato incontro fortuito con la polizia proprio mentre il protagonista sfonda la sbarra del garage pubblico per fuggire) o inattese parentesi romantiche, quasi melò (l’incontro a Roma con Claudia – “Credo che mi stia innamorando di te e mi fa paura.”). Beauvois non rinuncia a sequenze crude (il tentativo di suicidio nell’esercito, per esempio, quasi insostenibile, o la lunga, dettagliata e documentaristica preparazione della dose di droga da parte di Omar) e a riprese quasi pittoriche, senza alcun dubbio affascinanti (su tutte il corpo nudo di Chiara Mastroianni a letto, ripreso dall’alto), privilegia una messa in scena asciutta, modula lo stile visivo in funzione dello stato d’animo di Benoît (il delicato ed intenso soggiorno a Roma dai colori caldi e solari a rappresentare una sorta di rinascita, sia pure illusoria, del protagonista contrapposto ai toni, più cupi e opachi, del resto della vicenda), riesce a mantenere quasi sempre desta l’attenzione con la travagliata e dolorosa esperienza di vita scelta dal suo protagonista sempre più isolato ed irrequieto in un mondo in cui fatica a ritrovarsi e a collocarsi (“Non posso vivere da nessuna parte.” dice di sé). Solo a tratti però il regista sa trasmettere lo sbandamento, i dubbi e la rabbia di Benoît, perennemente in balia di eventi, scelte ed amicizie che non sempre sa, può e vuole controllare. “E’ come un’orgia, un’orgia estrema dello sguardo. Solo la certezza della morte può permettere una tale acutezza della vista e di tutti i sensi. Questa gioia sublime nell’azione e nell’inattività. Scusate ma, di solito, tendo a pensare che l’epoca di Byron che ha scelto di morire in Grecia per aiutarla a liberarsi dall’occupazione dei Turchi, perché l’Inghilterra e la camera dei lord lo preoccupavano, tendo a credere che questa epoca sia di nuovo attuale.” Forse il regista rimane schiacciato dall’ambizione di voler dire troppo, incespica in alcuni passaggi narrativi superflui, troppo diluiti o ripetitivi, si perde in un finale posticcio e sbagliato. Opera disomogenea e altalenante, tormentata ed allarmante, “N’oublie pas que tu vas mourir” affascina e respinge, turba e annoia, spiazza e confonde, ma non lascia indifferenti. Beauvois ha il pregio di evitare toni predicatori e presuntuosi, tiene a freno il moralismo spicciolo, la gonfia retorica, il maledettismo di riporto e la poesia di maniera, scegliendo una prospettiva intima e personale, per questo più apprezzabile, a tratti quasi sorprendente nella intensa descrizione dell’abbandonarsi del protagonista, impotente ma consapevole, ad un destino già segnato. Con sguardo complice e mai voyeuristico il regista tenta e, a volte, riesce a cogliere “la capacità di sentire, gioire e persino di contemplare” di un’intera generazione troppo spesso priva di punti di riferimento e certezze, divorata da inquietudini, ferite e timori difficilmente rimarginabili. Beauvois attore, infine, si cala con estrema partecipazione e naturalezza nel ruolo del protagonista e, pur non rinunciando a qualche vezzo narcisistico, offre una prova generosa, matura e convincente. Incisiva la presenza di Roschdy Zem (Omar), sensuale quella di Chiara Mastroianni. I genitori di Benoît sono interpretati da Bulle Ogier e Jean-Louis Richard, mentre tra gli amici del protagonista figura il futuro regista Cédric Kahn. Voto: 6

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