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Un italiano in America

Regia di Alberto Sordi vedi scheda film

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La recensione su Un italiano in America

di lamettrie
7 stelle

Un buon film, dai due volti però: straordinario quello dell’analisi, corretta e impietosa del “sogno americano”; molto meno incisiva, ma non per questo privo di interesse, quello della vicenda sofferta fra padre e figlio, sebbene un po’ sfilacciato.

La prima mezz’ora è straordinaria, proprio per gli spunti critici: sulla tv, sugli italiani e (l’unico che innerva l’intero film), sugli americani. Il sogno americano è visto, come in tutto il film, come quello che è: una menzogna propagandistica che allora (si era nel ’67) serviva per alimentare il filoamericanismo e il consenso al capitalismo, per evitare che i comunisti prendessero il potere. Il mito degli americani ricchi, che si arricchiscono in un baleno, che “sono tutti buoni e gentili”, come ripete Sordi (sceneggiatore anche, assieme a Sonego) è mostrato nella sua falsità: alla fine il protagonista si trova povero in canna, e scopre le menzogne del padre, che lo ha abbandonato e dopo trent’anni si è voluto approfittare di lui, per via dei soldi della trasmissione televisiva in cui lo rincontra. Questo “Carramba” d’oltreoceano mostra a sua volta i suoi inganni: Sordi critica anche la finzione della tv commerciale, dove si recita, gabellando per autenticità quello che è copione studiato per raggirare. Questa pellicola anche in ciò ha molto da insegnare ancora oggi.

La critica agli Usa nostri occupanti, un classico sordiano, è palese anche nella esibizione veriteria dell’amoralità di quella società: il gioco d’azzardo, le ragazze che lavorano nude nei bar… uno squallore il cui sottofondo di ignoranza e miseria valoriale è ben messo in luce.

Altro aspetto interessante è la critica agli italiani. Il loro provincialismo è ben messo alla berlina propria nell’ingenuità con cui si fanno abbindolare dagli inganni. Questi sono funzionali a rendere gli italiani servi idioti, incapaci di dignità, di alzare la testa a fronte di una messinscena che sembra rivolto al loro bene, e che invece è finalizzata al loro danno. Gli italiani accettano così di farsi sfottere: penosa è la parata di personaggi del campionario dello stivale, patetici, ridicoli, che nel camerino Sordi è costretto a provare prima di andare in scena, dove egli va col costume da gondoliere. Ecco i clichè degli italiani all’estero: straccioni, dei poverini non evoluti, ancora legati a sentimenti d’affetto primitivi (che Sordi intelligentemente fa vedere come comunque migliori di quelli statunitensi, più falsi e disperanti). Lo yankee spaccone che dispone degli italiani come vuole è ben rappresentato, specie nel pubblico che ride di continuo delle invece commuoventi gesta di Sordi, che in studio è confuso e felicissimo di rivedere il padre che temeva morto e che, di fatto, lì scopre che lo aveva abbandonato.

Il padre poi è quello che è: un cialtrone, un ciarlatano, un pessimo uomo che si vergogna degli affetti, come se fossero cosa volgare, e si vergogna del figlio e lo usa. Insomma Sordi ha voluto tratteggiare il ritratto del capitalista freddo, laido, detestabile, dalla vita interiore disastrata: un uomo che giustamente è disprezzato dal figlio il quale, pur nella sua semplicità, ha molte più risorse sane del padre che invece cerca di barare per una vita intera, bluffando sulle apparenze (e tanti uomini italiani si possono ben identificare in questo affresco).

Il lieto fine è poi la celebrazione dell’uomo semplice, che con il suo buon senso riesce a tenersi distante da quel mondo di felicità apparente e di tristezza reale, e che vive accettando le fatiche della vita quotidiana, e affrontandone le relative incertezze.

I dialoghi sono ben scritti. Gli ambienti sono perfetti. Eccezionali le musiche di P          iccioni, tanto riescono a mimetizzarsi sui modelli americani dei secondi anni’60.

Inutile a dirsi, Sordi e De Sica recitano alla perfezione. Sordi lascia la scena a De Sica, il quale fa la parte anche di se stesso, mediterraneo ostentatamente raffinato, in parte: splendido nelle apparenze, povero diavolo squattrinato e pieno di problemi nella realtà.

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