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Mio fratello è figlio unico

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mio fratello è figlio unico

di axe
7 stelle

Latina, anni '60. Nella proletaria famiglia Benassi, i fratelli Antonio, detto Accio, e Manrico crescono su fronti ideologici opposti. Il primo, dopo essere stato allontanato dal seminario all'inizio dell'adolescenza,  influenzato dai dialoghi con un nostalgico del regime fascista, assume posizioni di destra, si iscrive al M.S.I. e diventa un "picchiatore". Il secondo sceglie la sinistra. Gli eventi del "Sessantotto" e la successiva radicalizzazione degli scontri tra fazioni opposte, sfociata nella lotta armata, portano alla definitiva rovina dell'uno, ed alla salvezza dell'altro fratello. Il film racconta dunque la storia dei due, legati da un rapporto di amore/odio ed influenzati, nelle scelte di vita e nell'orientamento ideologico, dalle caratteristiche "ambientali" e dall'evoluzione delle dinamiche sociali. La famiglia di origine dei ragazzi ha solide basi. Il papà Ettore fa l'operaio in fabbrica; la mamma Amelia è una casalinga di origini settentrionali che dà una mano con piccoli lavori in casa. La coppia, di comune accordo, ha scelto quale sorte dovranno avere i figli, senza però tener conto delle loro propensioni. La sorella maggiore Violetta, avrà formazione classica ed artistica, affinchè essere sposata (e mantenuta) da un uomo colto e benestante. Manrico, il "maschio" maggiore è lasciato completamente libero. Accio è mandato in seminario; il ragazzo, su impulso del fratello, matura interrogativi che gli costano l'espulsione dalla scuola religiosa e lo lasciano privo di punti di riferimento. Vorrebbe fare il liceo classico, dove conta di riuscire, essendo portato per le materie letterarie; ma i genitori, già resi scontenti dal ritorno in famiglia, lo vogliono geometra. Pertanto, Accio matura in sè il germe della ribellione, contro la famiglia, e, soprattutto, contro il fratello. Valuta ed abbraccia ideologie di destra. Negli anni '60, l'Agro Pontino, in virtù del ruolo del regime fascista nello sviluppo del territorio, brulica di persone di estrema destra, ex-fascisti, nostalgici. Iscrittosi al M.S.I., impara a confrontarsi anche fisicamente con gli avversari politici. Il fratello Manrico, in linea con l'impostazione familiare, genericamente di sinistra, diventa un attivista, anche se all'impegno politico preferisce divertirsi con le ragazze. Allaccia un rapporto tormentato con Francesca, una ragazza di buona famiglia la quale dopo alcuni mesi torna a Torino, sua città di origine. Non è chiaro se ciò addolori Manrico, ma di certo crea dispiacere ad Accio, il quale nel frattempo era diventano molto amico con lei. Gli eventi del 1968 scuotono le vite dei Benassi; la posata Violetta, dimostratasi insofferente alla vita in provincia, inizia a frequentare ambienti di sinistra a Roma; Manrico, nel frattempo assunto in fabbrica, prosegue nelle sue attività di agitatore politico. Sa infiammare gli animi, ma dietro la retorica c'è ben poca sostanza. Accio invece si "dissocia" dalla militanza nel M.S.I., in disaccordo con i metodi violenti dei suoi iscritti. Il giovane trascorre alcuni mesi in clandestinità, in conseguenza della morte del suo mentore politico, alla quale ha assistito pur non essendone responsabile; successivamente diviene vertice di una sorta di triangolo sentimentale, insieme a Manrico e Francesca. Il fratello, infatti, dopo aver messo incinta la ragazza, fa perdere le sue tracce. Francesca si avvicina ad Accio, tentando senza successo di coinvolgerlo nella gestione del bimbo. Accio rifiuta e scompare dalla vita dei due per un paio d'anni, fino ad un ultimo tragico incontro che gli svela la verità sul conto di Manrico. Il fratello ha intrapreso la via della lotta armata in clandestinità, rendendosi colpevole di violenti reati contro il patrimonio; una strada che lo porterà alla morte. L'epilogo vede Accio tornare in famiglia con il nipotino, essendo anche Francesca impossibilitata a prendersene cura. La sceneggiatura ci descrive Accio "compresso" tra le velleità dei fratelli maggiori, la rigida impostazione familiare, le scarse prospettive offerte da un ambiente di provincia arretrato ed in parte legato ad un ingombrante passato, come un "osservatore", dotato di profondo spirito critico - espresso, del resto, già negli anni della permanenza in seminario - il quale lo porta a ben comprendere la realtà. Non sempre l'azione corrisponde alle idee. Si muove spesso d'istinto, alla ricerca di uno sfogo; infine, tuttavia, sa incanalare la propria operatività senza i condizionamenti ideologici che hanno influenzato negativamente il passato familiare. Il film racconta altresì del rapporto tra i due fratelli. Divisi inizialmente dall'età, poi dalle diverse idee politiche, vivono in costante discorda, rotta da occasionali, quanto interessati - per Manrico - riavvicinamenti. Accio è ottimamente interpretato da un giovanissimo Elio Germano; meno efficace, ma comunque bravo è Riccardo Scamarcio nel ruolo di Manrico, un giovane uomo che non ha saputo far buon uso della libertà concessagli. Di rilievo anche gli interpreti dei comprimari: Alba Rohrwacher (Violetta),  Massimo Popolizio (Ettore), Angela Finocchiaro (Amelia), Diane Fleri (Francesca), Luca Zingaretti (Mario Nastri, il nostalgico di destra). La sceneggiatura rende discretamente quella che immagino essere l'atmosfera del '68, in particolare la spaccatura, generata dal rapido mutare degli usi e dal diffondersi non uniforme di un benessere sostenuto dai progressi tecnologici, tra diverse "anime" della società, e, più nel dettaglio, tra mondo operaio, tradizionalmente di sinistra, ma interessato, in concreto, ad un miglioramento di condizioni di vita, e mondo studentesco, il quale vagheggiava la rivoluzione ed un conseguente "paradiso socialista" illuminato dagli spiriti dei "padri" ideologici. Un buon film. Utilizzando tonalità in bilico tra commedia e dramma - con virata finale verso quest'ultimo - affronta argomenti, alcuni approfonditamente - la personalità dei protagonisti ed il rapporto che li lega - altri meno - il tormentato clima sociale e politico degli anni '60 - ma sempre con verosimiglianza. Non manca, inoltre, di emozionare, grazie alle valide prestazioni rese dagli attori.

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