La recensione su Io, grande cacciatore

Due uomini caratterialmente diversi, un desiderio comune che converge nella sottile linea dell'ossessione. Il premio da ottenere a qualunque costo.. lo stallone mitologico dal bianco manto come simbolo di libertà. Sono racconti lontani del vecchio West, contunuti in questa piccola gemma scoperta con particolare piacere nelle mie insonni ricerche notturne. 

Pike (Martin Sheen), ex soldato dell'esercito cacciato per furto, rivendica la propria indipendenza dagli obblighi lavorativi sottoposti. Stringe un accordo con Hanry (Harvey Keitel), disilluso esperto cacciatore di pelli e abile contrattatore con gli indiani. White Bull (Sam Waterson), è invece un pellerossa Kiowa fuorilegge, taciturno e spietato assassino saccheggiatore di qualunque cosa gli capiti sotto mano. Rinnegando spesso la propria cultura indiana, non risparmia neanche i fratelli consanguigni dalle nefaste angherie della sua banda di briganti, vivendo alla giornata ed errando per le grandi distese dello stato di Durango. Se in "Sfida a White Buffalo" di J. Lee Thompson veniva enunciato un colpevolizzatore similare decadentismo. Atto a evidenziare la grande inesorabile avidità dell'uomo contro la natura e se stesso. In "Eagle's Wing" (titolo originale), contrariamente si percepisce un concetto filosofico nevralgico di nichilismo persistente. Sembra non esistere il benché minimo "credo" in nulla, ma i due protagonisti principali, anche se scissi da una personalità evidentemente diversa, ambiscono a ideali di vita che li accomunano. A rendere interessante l'opera di Anthony Harvey contribuisce in modo significativo, ovviamente, quel conclusivo pianto infantile e disperato che sottolinea il messaggio filosofico. L'ostinazione cieca ‘dell'essere uomo’ in quanto peccatore, insoddisfatto, imperfetto. La stessa ostinazione e bramosia che spinge Pike a impossessarsi con la forza di quel meraviglioso stallone rubato durante il sacro rito sciamano del funerale indiano.. È in quelle particolari circostanze, che in sella dell'amato animale, Pike consuma quel desiderio irrefrenabile di svolta e libertà che cicatrizza la malinconia del vivere un'esistenza sbagliata.

Non lontano da questi eventi la notorietà del fantomatico bandito White Bull non farà che crescere. Assaltate brutalmente due diligenze in pieno deserto, e rapita la graziosa fanciulla irlandese Judith (Caroline Langrishe), sorella di un noto sacerdote (John Castle). White Bull si appresta a cavalcare senza particolari preoccupazioni verso le montagne.. Il temibile cacciatore di taglie Gonzalo (Jorge Russek), convinto dalle disperate richieste di aiuto del sacerdote e accompagnato dal presunto assistente Miguel (Manuel Ojeda) è sulle traccie del fuorilegge indiano, ma non ha fatto i conti con lo scaltro nemico.. Il pellerossa sempre più sicuro di se e incurante degli eventi, viene folgorato da una visione lucente in un giro di ricognizione.. Il prezioso "oggetto" del desiderio gli si presenta davanti in tutto il suo splendore. Sarà un gioco da ragazzi impossessarsene. Il mediocre condottiero non sta certo al suo livello, ma lo scontro tra i due contendenti risulterà inevitabile.. L'ottima fotografia di Billy Williams caratterizzata da paesaggi di notevole caratura, presenta atmosfere dal cielo livido che determinano una buona distinzione scenografiaca. Il film è tratto da una storia scritta da John Briley semplice ma complessa al tempo stesso, che sa farsi apprezzare anche per il significato ulteriore che spiega l'importanza del cavallo nella storia dell'umanità. In definitiva una bella storia all'insegna dell'avventura e della libertà. Visione consigliatissima. 

7-8/10

Io, grande cacciatore (1979): Martin Sheen