Regia di Fernando León de Aranoa vedi scheda film
Per chi aveva ammirato Aranoa nell'amara ironia dei Lunedì Al Sole, questo film potrebbe rappresentare una cocente delusione. Sempre di marginali, looser, vinti dalla società si tratta: questa volta non disoccupati, ma prostitute. Mancano però quelle qualità che avevano reso il precedente exploit dell'autore madrileno un'opera tra le più memorabili fra quante trattano temi sociali. Là c'erano personaggi davvero particolari (dal brizzolato che si tingeva i capelli per sembrare più giovane al colloquio, al barista sempre in bilico fra distacco e compassione, fino alla figura brillante, disincantata, quasi epica di un Bardem in versione barbuta), qua c'è tutta una serie di caratteri incapaci di lasciare un segno tangibile nel cuore e nella mente dello spettatore. E i limiti del copione non sono solamente nell'approssimativa definizione del personaggi, ma anche in certi dialoghi inascoltabili, in una ripetitività di eventi del tutto priva di un credibile sviluppo drammaturgico, in un ricorso frequente ad espedienti retorici (come, ad esempio, le due amiche che vanno a fare shopping con Manu Chao in sottofondo, dimenticando per un attimo le brutture del loro lavoro). La regia poi si adegua ad un'estetica affine al Dogma95, con tanto di teleobiettivo e zoom, ma è incapace di creare il giusto equilibrio di amarezza, ironia, sconforto, buffoneria, che aveva reso grande I Lunedì Al Sole. Infine le interpretazioni: pessime, nonostante gli sforzi di Candela Pena e i suoi occhi tristi. L'attore che interpreta il suo moroso, esperto di informatica, è improponibile, ma mai quanto la caraibica Nevarez, forse l'attrice meno espressiva che abbia mai visto in un film. Un casting infelice, davvero (fatto strano per il cinema spagnolo, di solito arricchito da grandi interpreti).
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