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Billy's Hollywood Screen Kiss

Regia di Tommy O'Haver vedi scheda film

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La recensione su Billy's Hollywood Screen Kiss

di spopola
8 stelle

Deliziosa e colorata commedia retrò diretta da un regista che “sa perfettamente di che cosa parla” ed è per questo capace di illustrare con pungente partecipazione e romanticissimo trasporto (ma non senza una vena di amarezza) il percorso formativo verso la maturazione di uomo crede fermamente nell’amore

Deliziosa e colorata commedia retrò diretta da un regista che “sa perfettamente di che cosa parla” ed è per questo capace di illustrare con pungente partecipazione e romanticissimo trasporto (ma non senza una vena di amarezza) il percorso formativo verso la maturazione di uomo (che sia gay è del tutto ininfluente, se non ad aumentarne le difficoltà di concretizzazione pratica del cammino) che “crede fermamente nell’amore” e intende realizzarsi attraverso la sublimazione del sentimento, e non soltanto e semplicemente sotto il profilo meramente professionale accontentandosi della facilità di un “sesso” mordi e fuggi (una realtà questa che non è poi così rara come si vorrebbe immaginare se ci si ostina ad analizzare semplicemente le apparenze di superficie), e lo fa una volta tanto con divertito istrionismo, senza piangersi troppo addosso, dimostrando per altro una capacità di analisi introspettiva decisamente insolita: il tocco è quello leggero dell’ironia, ma i “dolori”, le “frustrazioni”, le “difficoltà”e le “incomprensioni” che accompagnano sempre l’accidentato cammino verso la completa acquisizione del proprio “modo di essere” (qui evidenziate con raro senso di equilibrio, ma senza nascondere la “sofferenza” non solo personale, ma anche di chi gravita intorno, a partire dai genitori non sufficientemente preparati a confrontarsi con quella che considerano essere una “diversità” inconcepibile e persino “vergognosa”) ci sono tutte perfettamente espresse (e potrebbero davvero costituire un ottimo motivo di riflessione per chi pretende di “giudicare” senza “conoscere”). Ottima la scelta di “ricostruire” i momenti del passato anziché attraverso la abusata tecnica del flashback, utilizzando l’esposizione visiva delle foto scattate con la Polaroid, fedele compagna di vita del protagonista (e a sua volta “personaggio fondamentale” del racconto). Nessuna concessione voyeristica (e questo è un elemento caratterizzante che va ascritto in positivo al regista) nonostante che la storia sia soprattutto concentrata su un innamoramento profondo e assoluto (quello del personaggio principale -, l’aspirante fotografo Billy Collier - verso un bellissimo – e un poco stronzo – bassista in cerca di fortuna e di effettiva identità sessuale, momentaneamente cameriere in un bar per sbarcare il lunario). Tutto è infatti mantenuto nei “confini” assoluti della decenza (nemmeno le coscienze più “delicate” potrebbero essere turbate dalla visione di quanto ci viene mostrato sullo schermo) come per altro è spiritosamente preannunciato fino dall’inizio: niente tette ovviamente… ma nemmeno scene di sesso esplicito o “nudi” disturbanti.. al massimo qualche “bacio appassionato” o qualche “mordicchiamento galeotto del lobo di un orecchio… qualche slinguacciamento.. e poco più. Si potrebbe quindi sintetizzare il racconto.. come il difficile (e pudico) percorso di un uomo verso l’amore, quello con l’A maiuscola, secondo una concezione “classicheggiante” stile anni ’90 (del resto è proprio quello il periodo di riferimento considerando che la pellicola è del 1998). Ottima l’dea della “rivisitazione” in chiave omosessuale dei grandi baci storici dei film Hollywoodiani (a partire proprio dal quello indimenticabile sulla “spiaggia infuocata” percossa dalle onde sul bagnasciuga, fra Deborah Kerr e Burt Lancaster nell’indimenticato e indimenticabile “Da qui all’eternità”…) e almeno una sequenza da antologia: quella della prima (ed unica) notte insieme del fotografo con il proprio “oggetto del desiderio”, tenera e appassionata fra palpabili tentazioni e comprensibilissime paure… un avvicinamento progressivo dei corpi che si “cercano” e si “sfuggono” (visivamente resa con acutezza e precisione) che riesce a farci percepire tutto il desiderio e la titubanza… che poi si stempererà nella delusione successiva del vuoto dolorante e colpevolizzante di “ritrovarsi solo” dopo l’atto compiuto, una “risposta” molto più cattiva e destabilizzante di un possibile rifiuto verbale. In perfetta sintonia con il progetto, la resa di tutti gli interpreti, con in primo piano un ottimo Sean P. Hayes e un “desiderabilissimo” Brad Rowe ( i loro “momenti insieme” sono struggenti e teneri al punto giusto, fra imbarazzi e reticenze. Da ricordare anche il divertito e coraggioso cameo del regista Paul Bartel nel ruolo di un fotografo di successo. Degni infine di menzione anche gli spiritosissimi - e azzeccati - titoli di testa e i siparietti canoro-danzati che contrappuntano la pellicola fra sogno e immaginazione.

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