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Gunga Din

Regia di George Stevens vedi scheda film

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La recensione su Gunga Din

di passo8mmridotto
9 stelle

Storia avventurosa di un fedelissimo portatore d'acqua indiano, aggregato ad un reggimento inglese nell'India settentrionale, il cui sogno è divenire soldato. Epilogo eroico e tragico.

Ispirato a una poesia di Rudyard Kipling del 1890, incentrata sul giovane indiano Gunga Din, il soggetto non era sufficiente per supportare l'intero film, per cui le varie vicissitudini narrate vennero tratte da una raccolta di racconti dello stesso Kipling (Soldiers Three" 1888) sulle brillanti avventure di tre soldati britannici in India.

La prima sceneggiatura venne affidata al romanziere William Faulkner, ma subentrarono successivamente Ben Hecht e Charles Mac Arthur, che modellarono la storia rifacendosi a una loro commedia di successo, "Prima Pagina".

La stesura del film fu alquanto sofferta, era iniziata nel 1936, e al momento di iniziare le riprese non era stata ancora ultimata, per via dei cambi continui nella scelta dei registi e degli attori.

Inizialmente, "Gunga Din" doveva essere diretto da Howard Hawks, il cui cast era composto da Robert Montgomery (nel ruolo di Ballantine) e Spencer Tracy (in quello di Mac Chesney). Il produttore  Sam Briskin, inoltre, cercò inutilmente di convincere la M.G.M. a prestare alla RKO tre attori eccezionali, Clark Gable, Spencer Tracy e Franchot Tone, per poi virare verso il trio Grant, Mc Laglen e Fairbanks.

Ma l'epurazione non si fermerà qui, Howard Hawks fu scaricato, perchè era nel frattempo incappato nel flop di "Susanna", fallimentare al box-office, e sostituito con George Stevens.

Scelta non felicissima perchè, se Hawks era stato ritenuto "troppo lento" per quel film ad alto costo, Steven si rivelò ancora più lento, a causa delle avversità climatiche, che compresero temporali violentissimi, tempeste di vento e di polvere, nevicate improvvise e ritorno del caldo. Eppure, Steven aveva scelto di girare nella zona di Lone Pine, dove erano stati felicemente realizzati altri film di ambientazione indiana, come "I lancieri del Bengala" e "La carica dei 600".

Steven, senza perdersi d'animo, in mancanza della sceneggiatura definitiva, improvvisò, cambiò battute all'ultimo momento, avvalendosi dell'apporto creativo degli stessi attori, e questa fu una preziosa opportunità per Cary Grant, che improvvisò molte scene brillanti e ottenne così la definitiva consacrazione divistica, nonstante la rinuncia al ruolo principale di Ballantine, ceduto al giovane Douglas Fairbanks jr.

Anche la scelta dell'interprete di Gunga Din fu laboriosa, Stevens avrebbe voluto Sabu, ma il produttore Korda non lo concesse perchè di li a poco avrebbe impersonato il ruolo de "Il ladro di Bagdad".

Stevens virò su Sam Jaffe, che si arrangiò alla meglio nell'imitare Sabu.

Nonostante tutti gli ostacoli, il film ottenne un grande successo, che ripagò la RKO dei costi quasi proibitivi per quei tempi: oltre due milioni di dollari, suddivisi tra l'altro nel costo di 900 comparse truccate da indiani, 4 elefanti, cammelli e buoi e 4000 cavalli, oltre la costruzione del villaggio di Tantrapur, il tempio dei Thugs e i quartieri generali degli inglesi e degli indiani.

Il tutto in una zona del deserto californiano, alle pendici delle High Sierras.

Tra le vicissitudini negative, legate alla realizzazione del villaggio di Tantrapur, ci fu l'incendio che coinvolse un'ala del fabbricato, distruggendo anche gli arredi in essa contenuti. La qual cosa costò alla compagnia di assicurazione Lloyd's di Londra una cifra ragguardevole, per quei tempi, per rimborsare le enormi perdite subite dalla produzione.

Una volta sugli schermi, il film venne vietato in India, per la sua ottica imperialistica, l'esaltazione del colonialismo inglese, l'immagine negativa dell'indiano e la raffigurazione dello stesso Gunga Din, oltre che per avere accostato con troppa libertà la religione dei Thugs e il culto della dea Kalì.

Inoltre, la vedova di Rudyard Kipling non gradì che nel film fosse presnte la figura dello scrittore, impersonata dall'attore Reginald Sheffield, nella veste di un giornalista al seguito del reggimento. Costui scriveva la poesia su Gunga Din e la consegnava al colonnello perchè la leggesse.

La vedova ottenne che le scene da lei ritenute offensive venissero tagliate, ma negli anni '90la sequenza è stata "restaurata" e reinserita nella edizione americana e inglese in videocassetta.

Gunga Din resta un capolavoro insuperato, nonostante due remake di scarso successo: "I tre soldati" (1951) con David Niven passò quasi sottosilenzio, ma neppure "Tre contro tutti" (1961) con Frank Sinatra ebbe riscontri positivi, forse perchè pensato in chiave western, decisamente fuori luogo e fuori tema.

 

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