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L'ultima donna sulla Terra

Regia di Roger Corman vedi scheda film

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La recensione su L'ultima donna sulla Terra

di OGM
8 stelle

Roger Corman eccelle nell'arte di imbastire storie semplici, con pochi personaggi, che pure risultano avvincenti e rimangono sospese fino all'ultimo, risolvendosi solo nei minuti finali. "L'ultima donna sulla Terra" è un esempio magistrale di questa parsimonia narrativa, che dispensa la tensione come un distillato di interrogativi, e un estratto di mistero. Quella che impegna i tre superstiti di una universale moria è, essenzialmente, una piccola disputa sul senso dell'essere e dell'avere, una dissertazione filosofica mascherata da avventura. Quando tutto viene meno, il dramma dell'esistenza è ridotto all'osso, poiché le uniche possibili alternative sono essere soli o non esserlo, desistere o perseverare. Sono queste, a conti fatti, le fondamentali scelte della vita, che decidono tra il bene e il male, tra l'amore e l'indifferenza o l'odio, nel nostro modo di rapportarci al resto dell'umanità. La donna contesa dai due uomini è la personificazione del mondo, a cui Harold guarda con sete di conquista, e Martin con rispetto e desiderio di felicità. Il primo progetta strategie, mentre il secondo osserva, ascolta e riflette, passando la realtà al vaglio del suo sentire individuale. Egli è il solo dei due a saper effettuare confronti e distinzioni, in un universo che per l'altro, invece, funziona a senso unico, servendo soltanto come un dominio da saccheggiare. La protagonista Eveline è anche il simbolo della continuità della vita, è la guida sensibile e materna che sa accompagnare l'uomo nella giusta direzione. Corman ama investire la donna di una missione sacra e illuminante, in cui essa fa da ponte tra la morte e una promessa di rinascita, aprendo – magari in via transitoria, e in forma illusoria – uno squarcio di luce nel buio. Sotto questo aspetto, "L'ultima donna sulla Terra" è forse l'opera chiave, che, collocandosi a metà strada tra il paganesimo de " Le dee della scogliera del pescecane" e la vanità consumistica de "La donna vespa", svela l'idolatria come il principale bersaglio di un'unica condanna morale, rivolta in ugual misura contro il materialismo (in questo film) come contro l'occultismo (ne "La vergine di cera"). Il messaggio è chiaro, e pregevolmente cosparso di metafore.

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