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Vivi ma non uccidere

Regia di Volker Schlöndorff vedi scheda film

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John_Nada1975

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vivi ma non uccidere

di John_Nada1975
6 stelle

Secondo film per il cinema di Volker Schlondörff, dopo il successo all'esordio con "I Turbamenti del giovane Törless", è una storia in un certo qual senso molto consapevole, già profetica, situazionistica e con acume simbolico sulla mancanza di senso, direzione e contenuto, nella gioventù protagonista di un '68 ormai prossimo a divenire. Tutto questo attraverso i tre personaggi protagonisti, due giovani perditempo(bravo un giovane Hallwachs) lavoratori nei ritagli degli stesso, più spesso ciondolanti per bar, biliardi, e sale da gioco a carte. Contattati per aiutarla a disfarsi di un cadavere nel suo appartamento previo pagamento di 600 marchi a testa, da una barista piuttosto spostata, una sbandata che ha sparato con la pistola di lui, al suo ex ragazzo che era tornato nell'appartamento e scherzava con lei pesantemente. Oggi sarebbe visto sicuramente in chiave di "stalking", e lei che assassina senza premeditazione, per paura non va subito a denunciare la cosa alla polizia, per una specie di eroina dell'autodeterminazione femminile, della risposta violenta al maschio e le altre balordaggini che vanno di moda nell'intrattenimento e ci vengono imposte in continuazione.

Schlondörff fortunatamente era cineasta ben più intelligente, profondo e impegnato, ma soprattutto specializzato da sempre nel delineare personaggi femminili, spesso protagoniste nel suo cinema, ben più sfaccettati e ricchi di sfumature anche nere e miserabili, non necessariamente doverose di incondizionata e illimitata approvazione da parte dello spettatore. Tutt'altro. 

La Pallenberg nel ruolo è adatta pur non essendo una attrice professionista, poiché interpreta praticamente sè stessa, quindi efficace nelle sue nevrosi e cambi di registro, gestualità, afflitta dalla tossicodipendenza come era all'epoca. 

Tant'è che porta in dote il compagno del momento Brian Jones dei Rolling Stones, di lì a poco morto di droga, autore della colonna sonora sitariana e dai numerosi trip musicali psichedelici, motivo d'interesse del film, ma non così memorabile e incisiva come potrebbe sembrare.

Molto bella e curata la fotografia di Fritz Fähr, che restituisce alla grande la Germania Ovest degli anni sessanta, le sue strade, i suoi inconfondibili palazzi, insegne di birrerie, come anche gli interni ma pure la bella campagna e i villaggi rurali, nella parte dalla zia contadina di uno dei due giovani.

Il finale circolare dietro alla macchina da caffè del bar, e un nuovo possibile maschio da portare a casa per la protagonista, ma poi subentra la disturbante fantasia nella cava cantiere della erigenda nuova autostrada; sembra quasi precorrere certe suggestioni angosciose e orrorifiche del "Deliverance" di John Boorman.

 

John Nada

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