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Merci la vie, grazie alla vita

Regia di Bertrand Blier vedi scheda film

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La recensione su Merci la vie, grazie alla vita

di hupp2000
8 stelle

In una grande casa in riva al mare, Camille (Charlotte Gainsbourg) si sta preparando al baccalauréat (il nostro esame di maturità). Un giorno incontra, stesa a terra e in abito da sposa, la coetanea Joëlle (Anouk Grinberg), che la trascina in un turbinìo di traversie, facendole scoprire le classiche “cose della vita”: la strada, l’assenza di fissa dimora, l’avventura, gli uomini, il sesso e l’AIDS, che sta inconsapevolmente trasmettendo a destra e a manca. Dopo una serie di peripezie rocambolesche, durante le quali Joëlle si rivela fine conoscitrice delle debolezze maschili, pur essendo ingenuamente succube nelle sue relazioni, scopriamo che siamo nel pieno delle riprese di un film ambientato durante l’occupazione nazista della Francia nella Seconda Guerra Mondiale. Lo stacco è folgorante. Da questo momento, ogni logica narrativa va a farsi benedire, realtà e finzione si sovrappongono e per lo spettatore inizia un giro vertiginoso sulla più piacevole e sorprendente delle montagne russe. I dialoghi sono punteggiati dai commenti degli stessi personaggi in voce fuori campo, le protagoniste rivedono i rispettivi genitori nel presente e nel passato, Camille addirittura prima della sua stessa nascita. Salti temporali, pellicola ora a colori, ora in bianco e nero, ora color seppia. Il ritmo è vertiginoso, la cascata di attori che via via appaiono sullo schermo, anche se per poche inquadrature, fa venire il capogiro. Michel Blanc, Gérard Depardieu, Annie Girardot, Catherine Jacob, Jean-Louis Trintognant, Jean Carmet, solo per citarne alcuni.

Il grande e insufficientemente valorizzato Bertrand Blier (figlio di tanto Bernard) sta attraversando quello che considero il miglior periodo della sua carriera. Dopo i riuscitissimi “Tenue de soirée” nel 1986 e “Trop belle pour toi” nel 1989, l’eccentrico regista torna allo stile fortemente trasgressivo  del lontano “Les valseuses” (1974) e al registro surreale e al limite dell’assurdo che percorre il pirotecnico “Buffet froid” (1979). Dal primo riprende la spudoratezza dei dialoghi sfacciatamente erotici, le descrizioni senza censure delle dinamiche e pratiche sessuali. Bertrand Blier mostra molta nudità maschile e femminile, ma scuote molto più con le parole che con le immagini. Dal secondo riprende la gradevole imposizione fatta al pubblico di accettare il nonsenso, la fantasiosa assurdità di quello che ci mostra. Si fa beffe di tutto, deride i nazisti ma anche i partigiani, la famiglia non meno dei libertari, il mondo del cinema e il divismo. Si ride molto e si mastica amaro. La scena finale, con la quale si riconduce tutto al presente e i personaggi risultano essere una banalissima famigliola borghese, in villeggiatura tra bagnanti circondati dal cemento, produce un effetto assai malinconico. La coppia Anouk Grinberg / Charlotte Gainsbourg fa scintille. Per certi versi, ricorda o anticipa quella di Geena Rowlands e Susan Sarandon in “Thelma e Louise”, film dello stesso anno! Sulla pletora di grandi attori che ho citato non mi soffermo. Sono spalle di lusso delle protagoniste e si fanno notare una per una con la classe che li contraddistingue, senza bisogno di scontati elogi. Certo, Jean Carmet, mostro sacro fin dagli anni ’40, visto in sedia a rotelle a pochi anni dalla sua morte, fa un certo effetto, Jean-Louis Trintignant in uniforme di ufficiale delle SS è inquietante, Gèrard Depardieu medico salvifico e deus ex-machina strappa l’applauso. Colonna sonora di prima qualità, dominata da Philip Glass e arricchita da musiche tra l’altro di Beethoven, Chopin e Vivaldi. Nel finale, preziosa esecuzione da parte del cantante belga Arno di “Le Bon Dieu” di Jacques Brel.

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