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P3K. Pinocchio 3000

Regia di Daniel Robichaud vedi scheda film

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La recensione su P3K. Pinocchio 3000

di giancarlo visitilli
4 stelle

Una favola ecologica, che inizia dove ci avevano lasciati A. I., Minority Report e Spy Kids, passando per gli stessi immaginari e le stesse strade della fiaba già disneyana: è questo il primo lungometraggio del regista canadese Daniel Robichaud.
Una coproduzione franco-ispano-canadese, che ha dato vita a Pinocchio 3000, è stata capace di realizzare un film d’animazione digitale di alto livello, meritando per ora di vincere il premio Goya come miglior film spagnolo animato dell’ultima stagione cinematografica, nonostante la Spagna non vanti per nulla riconoscimenti per tale genere. Tuttavia, se non fosse per l’animazione di fattura euro-canadese, non affatto disprezzabile (bellissima è la costruzione della città di Scamboville, un paesaggio futuristico che ricorda i paesaggi spielberghiani; la fluidità dei movimenti dei personaggi, le loro espressioni e la loro mimica), risulterebbe un’operazione che cerca semplicemente il successo, sfruttando il nome e una parte della storia di Collodi.
Infatti, si tratta dello stesso Geppetto, a cui manca un figlio, che decide di creare questa volta il primo robot, dotato d’immaginazione e sentimenti umani, che chiama Pinocchio. Questi si rende subito conto d’esser diverso dai bambini in carne ed ossa e la fata Cyberina lo invita ad imparare la differenza tra il bene dal male, prima d’esaudire il suo desiderio di diventare umano. Ad intralciare il robottino ci penserà il malvagio sindaco, Scampoli, che spadroneggia sulla città di Scamboville, in cui vivono Pinocchio e Geppetto. Il sindaco, a mo’ di un dittatore, vuole comandare tutti i bambini, unici oppositori della sua grande metropoli di metallo, in cui non rimane più spazio per il verde e i giochi.
Il film è eccessivamente pensato per un pubblico di bambini, da inebetire con le scene d’azione (come il viaggio sulle montagne russe, o la gara della fantasia), frammezzate dal messaggio ecologista, con personaggi che si mostrano amanti della natura, tanto da rischiare la vita per un comune fiorellino, ma non evita che lo stesso pubblico di piccoli (ma non stupidi!) si pongano degli atroci dubbi: “perché mai il povero Geppetto si sia costruito un pinguino parlante (sostituendo il grillo!) come maggiordomo”, oppure “cosa c’entri un robot-porcospino”? Mancano anche i mitici Gatto & Volpe, Lucignolo e Mangiafuoco e quant’altro avrebbe contribuito a garantire la magia della fiaba originale, ancora assolutamente valida per grandi e piccini.
Tuttavia, non si può fare a meno di ricordare ai più “grandi” che, se volessero avere l’idea di cosa possa essere “Pinocchio del futuro”, desistano da tali operazioni e vadano a rileggersi il meraviglioso racconto, “The Bicentennial Man”, scritto nel 1976 da Isaac Asimov, e portato sul grande schermo, senza successo, da Chris Columbus nel 1999. Senza evitare i ricordi della matita di Walt Disney (1940), tradotti per il piccolo schermo da Luigi Comencini, purtroppo mal rivisitati sul grande da Roberto Benigni e ora lanciate in un “futuro futuribile” dal canadese Daniel Robichaud.
Di suo, quest’ultimo ci aggiunge anche la piattezza dei personaggi, nonostante gli inutili e cibernetici sforzi a proposito della fatina anticonformista Cyberina (che avrebbe reso tutt’altra emozione se, evitando il doppiaggio, non ci saremmo accontentati di ascoltare la voce di Platinette che sostituisce addirittura quella dell’immensa Whoopi Goldberg, della versione originale).
Alla fine, però, ci si accorge che anche Robichaud, attraverso questo film d’animazione non ha fatto altro che esprimere, evidentemente, anche lui un suo giudizio a proposito dei governanti-padri-della-patria, che come il sindaco di Scamboville riconoscono di stare a cercare “di costruire un mondo migliore” per i loro figli, nonostante loro chiamino i propri padri “mostri”.
Giancarlo Visitilli



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