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Vital

Regia di Shinya Tsukamoto vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Vital

di FABIO1971
8 stelle

"Mi sembra che l'esistenza fisica dell'uomo stia scomparendo, ma, allo stesso tempo, le nostre menti si stanno espandendo: i nostri "sè" fisici si stanno indebolendo. Avevo paura di vivere in un mondo simile e mi chiedevo da dove derivasse tutto questo. Tutti, prima o poi, moriamo, questa è la realtà: se non abbiamo paura della morte, il mondo diventa ambiguo riguardo al comprendere che cosa sia sogno e che cosa sia realtà. Il mondo si è assuefatto alla realtà virtuale, perciò tendiamo a dimenticare di essere mortali: in quest'epoca vivere è come un sogno. Mi chiedevo perchè e come siamo diventati così: credo sia perchè non vediamo spesso corpi inanimati nella vita reale. Vivendo in città tendiamo ad evitare tali occasioni: ma guardare corpi inanimati ci insegna che un giorno moriremo tutti. Ed allora ti rendi conto di essere vivo. Volevo fare un film che comunicasse questo".
[Shinya Tsukamoto]

Tokyo: Hiroshi (Tadanobu Asano) è un giovane studente di medicina che si risveglia in ospedale dopo un tragico incidente automobilistico in cui ha perso la vita Ryôko (Nami Tsukamoto), la sua fidanzata. Lui, invece, ha perso la memoria, ma non le sue conoscenze universitarie e per questo decide di tornare a frequentare le lezioni, rivelandosi ben presto tra i migliori del suo corso di anatomia. Frequenta Ikumi (Kiki), una sua compagna di studi, supera brillantemente gli esami ed inizia un corso di dissezione, mentre nei suoi sogni gli appare una donna: si tratta proprio di Ryôko, a cui mostra gli straordinari ed accuratissimi disegni che realizza durante le autopsie dei cadaveri. Ma Ryôko è presente anche nella realtà, perchè il corpo che Hiroshi ha iniziato a dissezionare durante il corso è il suo, donato dai genitori all'università dopo la morte della ragazza: l'autopsia del cadavere e il magma ribollente di sogni e ricordi che affiorano nella sua mente come enigmatiche schegge di un oscuro passato finiscono, però, per alienare Hiroshi dalla realtà. Nonostante i moniti di suo padre e le accorate perplessità di Ikumi ("Che cos'hai dentro? Perchè stai inseguendo una donna morta? E quelli come noi che vivono ancora? Tutti i tuoi felici ricordi finti: che possibilità ho a confronto?"), Hiroshi prosegue, estremo gesto di devozione verso la donna che amava (e di cui, lentamente ma progressivamente, ha riacquisito il ricordo), a sezionarne il cadavere fino al termine del corso universitario e alla definitiva sepoltura.
Vital, decima, meravigliosa regia di Shinya Tsukamoto (che cura anche lo script, la magnifica fotografia, il montaggio e le scenografie), costituisce nella filmografia del suo autore un fondamentale punto di ripartenza ed aggiornamento/rinnovamento stilistico e tematico, oltre che un'opera tra le sue più meditate e mature: la fotografia si colora di toni più caldi del consueto (nonostante i filtri bluastri utilizzati nelle sequenze nella sala per le autopsie ne raggelino gli umori più concilianti), l'esplorazione/devastazione del corpo umano (Tetsuo) raggiunge le profondità della coscienza, la perversione sessuale (A Snake of June) diviene, attraverso la pratica dell'asfissia, strumento psichico per decifrare i confini tra sogno e realtà (i cui incastri drammaturgici torneranno ancor più suggestivamente nei due Nightmare Detective), l'ambientazione scolastica (Il ragazzo del palo elettrico, Hiruko the Goblin) passa dal liceo all'università, ma rimane teatro di sopraffazioni, insofferenze giovanili e morte, come nel caso del suicidio (Bullet Ballet, tema esplorato ancora più a fondo in Nightmare Detective), del professor Nakai, l'amante di Ikumi, il triangolo amoroso (due uomini e una donna: Tokyo Fist) modificato nella sua composizione (ora due donne ed un uomo), la perdita della memoria affrontata e risolta attraverso la consapevolezza della morte (Gemini), gli scorci di degrado urbano della metropoli, giungla di acciaio e cemento dalle mura incrostate ed erose dalle esalazioni di fumi e scarichi industriali, battuta incessantemente dalla pioggia scrosciante (ancora A Snake of June).
Vital racconta e disseziona una storia d'amore (ri)vissuta a ritroso nel tempo. La macchina da presa a spalla di Tsukamoto, come la mano di Hiroshi che affonda nelle viscere del cadavere di Ryôko, indaga, scruta, penetra ed avvolge i corpi dei suoi personaggi, così come l'elaborazione di un lutto rimosso si compie nella penetrazione/fusione dei corpi, la lama del bisturi che lacera carne e memoria per risvegliare la coscienza di un amore scomparso, vivo soltanto nei sogni (come sottolinea uno dei professori universitari durante una lezione: "Al di sotto di questo, comunque, si trova il vasto regno dell'inconscio: è qui che i nostri desideri repressi possono causare un profondo conflitto psichico nel tentativo di trovare sfogo") e, grazie a quei sogni, riaffiorato nel cuore e nel ricordo: Hiroshi, infatti, riacquista la memoria, quindi torna a vivere, solo quando ha la piena consapevolezza della morte di Ryôko.
Un'opera inquietante e di magistrale raffinatezza, interpretata dalla star Tadanobu Asano (Tabù - Gohatto, Ichi the Killer, ZatoichiMongol tra i suoi titoli più celebri), dalle due splendide esordienti Nami Tsukamoto e Kiki e dall'ottimo Kazuyoshi Kushida nei panni del padre di Hiroshi, impreziosita ulteriormente da alcune sequenze di affascinante suggestione spettacolare (la danza di Ryôko sulla spiaggia, l'ombra, riflessa sul muro, della pioggia che sgocciola sui vetri della finestra, la visione prima sfocata e poi successivamente "ricomposta" delle torri della fabbrica).

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