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Le cinque giornate

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Le cinque giornate

di sasso67
6 stelle

Secondo molti è uno dei film meno riusciti di Dario Argento, almeno del suo primo periodo, quello più fecondo. Secondo Marco Giusti ("Stracult") era un disastro annunciato: come coniugare nello stesso film un Dario Argento fuori dai suoi consueti schemi gialli, Celentano ladruncolo, la sceneggiatura di Nanni Balestrini e la presenza nel cast milanese di Salvatore Baccaro in una parte non proprio marginale? Di fatto "Le cinque giornate", almeno secondo me, non è proprio da buttare. Sembra una variante milanese dei film di Luigi Magni come "Nell'anno del Signore". L'ispirazione sta ovviamente anche in commedie all'italiana come "La grande guerra" (i due protagonisti vigliacchetti, la coppia romano-milanese, la presenza degli austriaci come nemici), con un po' di spaghetti western (non si dimentichi che Argento era stato sceneggiatore di "C'era una volta il west" di Leone). Alcune parentesi pseudocomiche e alcune avventure collaterali (la donna incinta) rendono il racconto un po' frammentario, anche se ci sono belle scene d'azione e alcune sequenze ben girate che fanno rammentare i poemetti di Carlo Porta. Il rischio che corre quest'avventura picaresca tra le barricate è quello di offrire una morale (involontariamente, conoscendo le tendenze politiche di Argento e Balestrini) qualunquista: è inutile ribellarsi? Ma è cosa buona e giusta che gli autori abbiano voluto stigmatizzare, insieme alla spietatezza della repressione austriaca, anche gli eccessi, forse inevitabili, che tutte le rivoluzioni, compresa quella delle cinque giornate milanesi, portano con sé. E forse, se si guardano i risultati, anche in maniera un po' inutile (i proletari senza rivoluzione). Tanto è vero che l'impolitico Cainazzo-Celentano alla fine sbotta in faccia ai milanesi "Mi sa che ci hanno fregato, loro". Personalmente mi è piaciuto Celentano, per una volta non costretto ai suoi imporbabili "te pozzino" da romanesco che più finto non si può, e mi è piaciuta Marilù Tolo, nella parte, perfetta per lei, della nobildonna di facili costumi. Meno pertinente alla storia, l'interpretazione di Cerusico, attore abbastanza imbarazzante, almeno in ambiente milanese. È ottima, a mio parere, la fotografia di Luigi Kuveiller, mentre la musica di Giorgio Gaslini mi sembra troppo debitrici di certe colonne sonore morriconiane.

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