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Agente speciale

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su Agente speciale

di Aquilant
8 stelle

Ciò che principalmente conta in “Triple Agent” non è certamente il fluire di una trama completamente concentrata sulle psicologie dei personaggi, che si presenta peraltro ridotta all’essenziale ed ingabbiata all’interno di un periodo storico pressato fra l’incudine hitleriana ed il martello staliniano, in una Parigi vista completamente di riflesso e pervasa degli scossoni della guerra civile spagnola e dei contraccolpi politici dovuti all’affermazione del Fronte Popolare di Léon Blum. Né tantomeno il susseguirsi di una serie di colpi di scena più immaginari che reali, opportunamente ravvivati da una serie di filmati d’epoca.
Nonostante la svolta storica attuata a partire dalla “Nobildonna e il Duca” e proseguita con la presente pellicola, Eric Rohmer non si smentisce mai: che siano le schermaglie amorose, oppure gli intrighi della Rivoluzione francese, oppure i doppi e tripli giochismi di un ex generale sovietico, le sue cifre stilistiche restano pur sempre invariate. E’ l’essere umano visto come un vero e proprio microcosmo, con il suo magico tramite costituito dalla parola, a costituire il nocciolo duro di ogni sua narrazione, e non a caso il suo inconfondibile stile carico di leggerezza ed allo stesso tempo intriso di sottili venature di realismo, attento a tratteggiare accuratamente le psicologie dei suoi personaggi senza mai drammatizzare, senza mai sfociare in una visione spettacolarizzante del cinema, lo si ritrova intatto e vivo più che mai anche in “Triple Agent”, nonostante l’apparente complessità affidata ai continui flussi di parole che costituiscono il fondamentale motivo di attrazione del film.
Rohmer sceglie di avvolgere lo spettatore in una coltre di sottile ed accattivante ambiguità, laddove le dialettiche individuali col proseguire della narrazione prendono il sopravvento sulla veridicità dei fatti. Si assiste così al parziale ribaltamento di una concezione prettamente manicheistica della storia sostituita dalla netta apertura ad una visione di fondo a carattere utilitaristico e pragmatico in cui nazismo e comunismo vengono contemplati più che altro come dottrine ideologiche, come scelte di circostanza dettate talvolta dalla contingenza dei fatti. E’ piuttosto abile Rohmer a spargere il seme del dubbio sulla presunta appartenenza ideologica del protagonista, giocando più che altro sulla sottrazione delle emozioni e su un continuo gioco di rimandi storico-politici, che costituiscono invariabilmente il tessuto interno della vicenda. E se alla fine siamo rimasti con un po’ di amaro in bocca, vuol dire che non abbiamo compreso fino in fondo gli intenti dell'autore o, peggio ancora, che abbiamo creduto di assistere ad una normale (e banale) storia di spionaggio, scambiando il nostro per un registucolo qualunque.

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