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La donna di Gilles

Regia di Frédéric Fonteyne vedi scheda film

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La recensione su La donna di Gilles

di Carex_panicea
6 stelle

Tratto dal romanzo di Madeleine Bourdouxhe, l’ultimo film di Frédéric Fonteyne racconta la storia di un amore tradito e di una donna tenacemente aggrappata ad esso. In un paese di semplici operai si consuma la vicenda di Elisa e Gilles, scandita dal lento ma costante scorrere delle stagioni, con i suoi cambiamenti ed i suoi contrasti. Se non è concesso dilungarsi più di tanto su una tematica che il mondo del cinema, ma anche della letteratura, conosce molto bene, maggiore spazio può essere invece dedicato alla sua rappresentazione, incentrata soprattutto sulla forza delle immagini e sul linguaggio silenzioso degli oggetti. “La donna di Gilles” è come un bellissimo quadro in cui l’ordine e la compostezza degli elementi che lo compongono, riprodotti con fedeltà e dovizia di particolari, tradiscono in realtà il tremito della mano dell’artista, la sua intima follia, il suo segreto. Il regista è un attento osservatore, pronto a seguire lo sguardo di Elisa ovunque esso si posi, dando voce ai silenzi, alle attese, ai colori. Sono gli occhi di questa donna a mostrarci il volto di un dolore e di un’angoscia repressi, costretti a non assumere forma, respinti in un silenzio pesante affinché non vadano a turbare la stabilità di un mondo fragile e precario. Un film dove il tempo si dilata assecondando le reazioni del corpo, aspettando l’incrinatura, tragica ma liberatoria, che sfaldi l’intera sostanza. Ma questa incrinatura è destinata a restare intatta, non c’è liberazione da un amore che non si controlla, non c’è volontà di rinuncia ma solo di possesso, di dominio, come un inspiegabile bisogno di riversare nell’altro se stesso. Elisa e Gilles amano entrambi di un amore violento, illogico, ma tremendamente umano. Fonteyne coglie, attraverso i molteplici primi piani ed i lunghi intervalli di tempo che intercorrono tra l’azione ed il suo effetto, gli aspetti quasi sacri di una devozione che conduce Elisa alle soglie della follia. La scelta di affidarsi molto alle immagini e poco alle parole, è stata dettata dall’esigenza di dare una voce alle contrastanti sensazioni di caldo e freddo che non solo appartengono al paesaggio, ma anche al corpo dell’uomo, così sensibile al cambiamento. Da ciò scaturisce un film intimo, attento al dettaglio, costruito sul susseguirsi di immagini e sull’attesa degli eventi. Se questo è il punto di forza del film, esso rappresenta forse un limite dal punto di vista dell’impatto emotivo, proprio come un quadro che fa bella mostra di sé tra le pareti di un prestigioso museo, senza riuscire tuttavia a scuotere l’anima fin nel profondo. Fonteyne sceglie per il suo dipinto una tonalità di colore pacata, adatta alla contemplazione ma molto meno alla forte emozione.

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