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Il quinto impero

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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La recensione su Il quinto impero

di lao
8 stelle

LA STORIA E I SUOI FANTASMI---Il cinema del novantasettenne de Oliveira ha ormai una sua classicità inconfondibile: rifiuto dei generi filmici tradizionali, assenza di azione, dialoghi letterari e filosofici, fissità della macchina da presa sui personaggi e sulle loro interminabili discussioni intellettuali, riduzione di ambienti e paesaggi a palcoscenici affrescati ripresi in una rigorosa e algida immobilità. Si tratta di un “cinema di parola” anacronistico e lontanissimo dalla tendenza del postmoderno, nel sostanziale relativismo di valori, a mescolare generi alti e bassi: opere come “Il quinto impero:oggi come ieri” sono orgogliose affermazioni di una distinzione ancora possibile fra arte intesa come puro ed innocuo intrattenimento alla portata di tutti o come portatrice di messaggi etici particolarmente complessi tramite un linguaggio scelto. Distinzione che sottintende una divaricazione netta fra lo spettatore colto, di buone letture, e la maggioranza di un pubblico culturalmente sprovveduto ed è forse questo, se vogliamo trovarlo, l’unico limite dell’ultima fatica di de Oliveira e di tutti gli altri suoi film: un’aristocratica distanza dal mondo, al quale pretende di parlare e sul quale vorrebbe intervenire. Del resto neanche Proust o Musil scrivevano per tutti: il nodo resta insolubile e sugli schermi e nella sale ahinoi sempre più deserte ha una sua allarmante specificità. In realtà la tematica affrontata dal lungometraggio sul re del Portogallo Sebastiano coinvolge il destino dei popoli ed è tragicamente attuale in un’epoca condizionata fortemente da integralismi politici e religiosi e dalla nefasta volontà di fondare ed imporre il Quinto impero, quello delle Utopie e delle verità rivelate, una terra promessa e mai realizzata fatta di lacrime e sangue. La storia ha spettri e fantasmi, la cui rimozione è un impedimento al suo essere “maestra di vita”. De Oliveira, ispirandosi a un dramma di Josè Regio, illumina le complesse origini psichiche del fenomeno, attraverso la figura emblematica di un sovrano, il cui cadavere non fu mai trovato e che secondo la leggenda sarebbe tornato nel suo paese su un cavallo bianco fra le nebbie per portare pace al popolo. La pellicola omette particolari biografici e caratteriali, ma isola momenti significativi tra cui una lunga veglia notturna popolata da profezie e visioni. Le utopie nascono di notte, quando l’uomo resta solo con il cosmo, e il loro eterno ripresentarsi nelle vicende umane trova le sue radici nelle aspirazioni dell’anima a una purezza e una felicità impossibile e disumana: “Tu sei l’Atteso, il Nascosto, colui che si ama perché non si conosce” dice il Calzolaio veggente a Sebastiano, rivelandogli la sua natura di simbolo di ogni speranza di rinascita e di risurrezione, chimera del regno dei cieli in terra, il princeps asceta il Cristo o il Messia, destinato alla sconfitta storica e all’immortalità ideale. Di fatto “Il quinto impero” è anche una suggestiva raffigurazione della solitudine dei potenti: una fortezza cupa racchiude i deliri di un tiranno visionario, circondato da buffoni e profeti, avversato dalla diplomazia inerte di vecchi consiglieri. Vive in penombra, sta lontano dal mondo, chi ne decide le sorti.

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