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Operazione paura

Regia di Mario Bava vedi scheda film

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La recensione su Operazione paura

di supadany
8 stelle

Operazione paura è un’opera ante litteram, pietra miliare dell’horror gotico made in Italy, un grandissimo esempio da parte di Mario Bava di come l’ingegno possa supplire alla limitatezza di mezzi.

Inoltre, attraverso mille espedienti di ripresa ed effetti di contorno, riesce a costruire un’atmosfera di enorme presa, tanto da ingigantire gli esiti di una trama che in fondo abbiamo visto, almeno in seguito, centinaia di volte, anche sotto mentite spoglie.

Un medico (Giacomo Rossi Stuart) arriva in un paese apparentemente fuori dal mondo per eseguire l’autopsia sul cadavere di una ragazza deceduta in circostanze tutte da chiarire.

Fin da subito, gli è chiaro che gli abitanti del posto sappiano esattamente cosa è successo e che vogliano liberarsi di lui prima possibile ostacolando le indagini.

Cocciutamente e solo contro tutti, il dottore insiste per fare chiarezza finendo con il dover fare i conti con una maledizione di lungo corso, nata da una morte prematura e violenta verificatasi tanti anni prima.

 

 

Girato senza il becco di un quattrino in sei notti e dodici giorni in totale, prodotto da una società fallita ancor prima che uscisse, con conseguente vita in sala brevissima, Operazione paura ha visto accrescere meritatamente la sua valenza nel corso del tempo, un po’ come accaduto per altre tra le migliori opere di Mario Bava che, prima di essere riconosciute in patria, hanno mietuto successo altrove, con illustri sostenitori come, ad esempio, i Cahier du cinema.

Il soggetto è abbastanza semplice - almeno rapportato a quanto il cinema ha raccontato nel corso del tempo - ma comunque filante, con superstizione, maledizioni, ignoranza e omertà in contrapposizione alla scienza, rappresentata dal dottore, con la necessità di far luce su fatti in apparenza inspiegabili.

Al centro, un cerchio di morte senza fine, intorno un paesino lugubre in apparenza fuori dal mondo e dalle sue leggi scritte, tra alberi spogli, un cimitero e la nebbia, persone che guardano al sodo - quando sopravvivere è la necessità principale - e un dramma dalle tinte horror che accompagna rituali esoterici, tutto avvolto in un mistero da dipanare.

Se la trama, con largo ricorso alle ellissi, non fa gridare al miracolo, la cornice appone la differenza sostanziale; infatti, le riprese sono caratterizzate da un dinamismo vitale, con un surplus d’idee che si rinnovano, una scena dopo l’altra.

C’è abbondanza di soluzioni virtuosistiche, in tal senso basterebbe la scena che vede il protagonista inseguire se stesso attraversando porte che riconducono in un loop infinito nella medesima stanza, oppure un’ottica che parte dall’ondeggiare di un’altalena per poi separarsene al momento opportuno, con le luci utilizzate per dare risalto a ciò che conta, apparizioni improvvise e musiche di sottofondo che ingigantiscono l’effetto destabilizzante.

Per finire, la volontà principale risiede nel voler suggerire mostrando il meno possibile, aspetto che rende ancor più percepibile la tensione, presente fin dal primo fotogramma e destinata a non sciogliersi mai fino alla fine.

Per tutto questo, Operazione paura è uno di quei titoli che ha fatto scuola, ripreso, consciamente o meno, anche da grandissimi autori, con innumerevoli rappresentazioni del terrore più recondito, incorniciato prima di tutto spremendo le potenzialità del mezzo cinematografico.

In largo anticipo sui tempi, un pozzo di soluzioni senza fondo, da cui in tanti hanno attinto.

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