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...e alla fine arriva Polly

Regia di John Hamburg vedi scheda film

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La recensione su ...e alla fine arriva Polly

di degoffro
4 stelle

Ci sono film che brillano per la loro inutilità. "...E alla fine arriva Polly" ne è un perfetto esempio. Come realistica commedia romantico sentimentale newyorkese alla "Harry ti presento Sally" (quale era nelle intenzioni del regista) vale meno di zero, sfoggiando tutti i più abusati cliché (si dovrebbe, per esempio, ormai abolire di diritto la corsa dell'innamorato per bloccare l'amata che sta per dirigersi all'aeroporto). E poi senza scomodare Woody Allen, lo stesso Ben Stiller aveva già dato al riguardo, nel sublime "Tentazioni d'amore", misconosciuto ma prezioso esordio alla regia dell'amico Edward Norton. Come film comico demenziale e goliardico alla "Porky's" fa ridere a singhiozzi e solo nella prima parte. Le gag divertenti si contano sulle dita di una mano e vanno dalla partita di basket con un uomo particolarmente irsuto, all'immancabile sequenza in bagno e relativo allagamento, conseguenza della "sindrome dell'intestino irritabile" che colpisce il protagonista Reuben, "il miglior esperto di valutazione dei rischi in questo manicomio che noi chiamiamo il campo delle assicurazioni". Peraltro entrambe le scene sono state adeguatamente pubblicizzate nel trailer che, al solito, inganna lo spettatore, evidenziando il meglio del film. Ben Stiller come attore comico è fenomenale, perché ha la sbalorditiva capacità di calarsi, con naturalezza ed intelligenza, nelle situazioni più ordinarie e ridicole, rivelando le inadeguatezze, gli impacci e la goffaggine dell'uomo comune, imbranato e pasticcione. Si veda per esempio la prima telefonata a Polly, con Reuben che per timidezza riattacca subito il telefono non appena Polly ha risposto, salvo poi essere fregato dalla segreteria telefonica quando la ragazza richiama immediatamente dopo, o la sequenza in cui, a casa di Polly, sul letto della ragazza, dapprima si sbottona la camicia, si alza dal letto, si agita arrivando persino a fare le flessioni nell'attesa che Polly esca dal bagno, poi, durante l'amplesso, si impone di contenersi per almeno cinque minuti e, al momento topico, grida cinquanta, quanti sono i secondi che mancano per arrivare a quei cinque fatidici minuti di resistenza. In questo senso vale molto di più di un Jim Carrey, anche perchè trattiene la sua verve ed evita inutili gigionismi e fastidiosi eccessi. Purtroppo però per chi ha visto i suoi film precedenti (da "Tutti pazzi per Mary" a "Amori e disastri" da "Ti presento i miei" a "Zoolander", questi ultimi due peraltro sceneggiati proprio dal regista di "...E alla fine arriva Polly" John Hamburg, vero uomo di fiducia di Stiller) non può non constatare una certa ripetizione e monotonia, una stanchezza creativa degli script che finiscono per somigliarsi tutti, appiattendosi su una vuota ed anonima routine e puntando solo sulle improvvisazioni affidate al talento naturale dell'attore. Qui c'è per esempio la delirante e sfiziosa sequenza della salsa in cui Stiller si scatena a ballare, nonostante la sua evidente rigidità, o la cena etnica in cui il nostro, che detesta il cibo piccante, per non deludere Polly alla prima uscita, ne mangia in quantità industriali, suda a più non posso, corre al bagno del ristorante, lo trova occupato e si sente per di più rispondere dall'inquilino che ci resterà tutta la notte, ma è davvero ben poco. Jennifer Aniston sarebbe la giusta controparte comica, ma, come in "Una settimana da Dio" dove affiancava Jim Carrey, sembra più che altro relegata a particine di contorno, di scarso spessore, in cui rifà all'infinito il suo personaggio più celebre, quello di "Friends". Certo c'è uno stuolo di caratteristi da leccarsi i baffi. Tra il buzzurro Philip Seymour Hoffman, nei panni di un attore fallito e vanesio, con un fugace momento di gloria da bambino, ora in cerca di un improbabile riscatto e per questo costretto a pagare due tizi per farsi riprendere durante la sua giornata tipo per poi inviare il tutto alla tv ed alle prese anche con un recital di "Jesus Christ Superstar" in cui vorrebbe il ruolo di Gesù ma deve accontentarsi di quello di Giuda (1), Bryan Brown spericolato australiano appassionato di sport estremi e Hank Azaria "il re del sub", francese nudista, muscoloso e dotato che scippa la moglie al protagonista, si segnala un eccellente Alec Baldwin, capace di lasciare il segno nei panni dello spassoso capo di Reuben, abituato a chiudere le sue conversazioni con l'espressione "tante cose" (la sequenza al bagno - si torna sempre lì - in cui apostrofa coloritamente la moglie fedifraga di Reuben e poi va all'orinatoio parlando contemporaneamente con il perplesso ed imbarazzato protagonista è effettivamente azzeccata e riuscita). La sensazione finale è però di sostanziale delusione. Inoltre i molteplici ammiccamenti sessuali suonano superflui, gratuiti quando non volgari, la comicità scatologica è prevedibile ed onnipresente, il furetto cieco Rodolfo è poco divertente e, a sua volta, sa molto di già visto (meglio era il cane di "Tutti Pazzi per Mary" e quello di "Una settimana da Dio", o ancora lo "sfigatto" di "Ti presento i miei"), la paternale finale del silenzioso padre di Reuben che, d'improvviso, si mette a dare saggi consigli aprendo gli occhi al figlio ed al suo amico idiota, piuttosto stucchevole ed inutilmente moralista. Così l'unico obiettivo che il regista sembra avere raggiunto, tra quelli che si era prefissato, è di indurre il sottoscritto a non mangiare più le noccioline dei bar. Solo sotto questo profilo "...E alla fine arriva Polly" può rivelarsi un film utile. Il resto, purtroppo, è talmente innocuo, banale, telefonato e leggero da toccare l'inconsistenza, oltre a una non indifferente noia. A Hollywood si continua a vivere di rendita e di riciclo: così facendo però ci si avvicina sempre di più al nulla cinematografico. La definizione migliore è quella del Mereghetti: "Un American Pie per trentenni", anche se il più lapidario è stato un critico americano che ha affermato come il film sia "l'ultimo e definitivo chiodo piantato sulla bara della commedia romantica". Prodotto, tra gli altri, da Danny De Vito che aveva già diretto Stiller in "Duplex". Come la Aniston, Debra Messing, che qui interpreta Lisa, la moglie di Reuben, è stata protagonista della fortunata serie tv "Will & Grace": il che accentua la derivazione televisiva del film. Quasi 90 milioni di dollari al box office statunitense dove, al suo primo week end nel gennaio 2004 con oltre trenta milioni di dollari, il film ha scalzato dalla vetta l'ultimo capitolo della saga de "Il signore degli anelli" (nel complesso 27° tra i maggiori incassi americani del 2004), 4 milioni e mezzo di Euro in Italia (36° nella classifica generale della stagione), 8 milioni di sterline in Gran Bretagna. Girato alle Hawaii, Los Angeles e New York. Nomination agli MTv Movie Awards per Ben Stiller e Jennifer Aniston per la miglior sequenza di ballo: vittoria però a Sean William Scott per "American Pie: il matrimonio". Il poster dell'unico film interpretato da Sandy, è praticamente copiato da quello di "Breakfast Club". Benché la scena finale sembri esplicitamente ispirata a "Colazione da Tiffany" (il cucciolo dimenticato), il regista/sceneggiatore ha dichiarato di non avere mai visto quel film. Piccola curiosità: per Ben Stiller nel 2005 c'è stata la nomination ai Razzie Awards quale peggior attore della stagione (particolarmente prolifica per Stiller visto che, oltre che per questo film, è stato nominato anche per "L'invidia del mio migliore amico", Starsky & Hutch", "Palle al balzo" e l'inedito in Italia "Anchorman: the legend of Ron Burgundy"): Stiller è stato però battuto dal George W. Bush di "Fahrenheit 9/11". Involontariamente forse è proprio questa la gag comica più riuscita del film.
Voto: 5
(1) L'attore peraltro è molto efficace soprattutto nelle sequenze al campo di basket, in cui il suo personaggio rivela una totale inettitudine per lo sport ma urla ad ogni suo tiro "Ti infilo", "Ti sfondo" o roba del genere, nella presunzione di fare canestro. C'è un altro momento brillante con protagonista Hoffman: all'inizio, prima della celebrazione del matrimonio tra Reuben e Lisa, nella cucina del ristorante un cuoco lo riconosce come il giovane, celebre, protagonista di "Lacrime di coccodrillo". Alla domanda compiaciuta e soddisfatta di Sandy se il suo interlocutore voglia un autografo, questi non solo risponde negativamente, ma rincara la dose affermando che credeva fosse morto, lasciando di sasso il povero Sandy, per un momento quasi consapevole della sua effimera fama e messo duramente di fronte alla sua triste realtà di attore fallito. Più gigione invece l'attore quando si improvvisa, al posto di Reuben, in un'importante riunione della società di assicurazioni, davanti ad un esterrefatto Alec Baldwin. Semplicemente volgare invece la sequenza in cui Sandy obbliga l'amico, che ha appena ritrovato la compagna di classe Polly, ad abbandonare la festa per le imbarazzanti conseguenze di una scoreggia.

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