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Julien Donkey-Boy

Regia di Harmony Korine vedi scheda film

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La recensione su Julien Donkey-Boy

di mm40
4 stelle

Il valore aggiunto di questa opera non esattamente indirizzata al vasto pubblico è nel ritratto addolorato di una decadente realtà provinciale americana, nella definizione di una serie di personaggi apparentemente 'normali', cioè comuni, ma nei fatti mostruosi dentro e fuori: ciechi, storpi, soggetti monomaniacali, lo schizofrenico Julien e via dicendo. Problema principale in tutto ciò è che Harmony Korine aveva già fatto questo film un paio di anni prima (Gummo, 1997) e che quindi tutto il fragore eversivo del discorso di Julien donkey-boy perde ogni connotazione di originalità già in partenza. Per quanto riguarda la forma, invece, si tratta di un film-dogma, ovverosia luci naturali, dialoghi quotidiani, ritmo fluente e soprattutto importante è qui il ruolo del montaggio, davvero molto, molto curato; ma che altro dire? Dogma o non dogma (l'impatto della sceneggiatura firmata dallo stesso regista sarebbe stato forte anche con una messa in scena più tradizionale), l'impressione che Julien donkey-boy lascia è che si tratti di un seguito non particolarmente riuscito dell'esordio di Korine; si segnalano ad ogni modo le curiose partecipazioni di Chloe Sevigny (imbruttita in un modo che riporta alla Cameron Diaz di Essere John Malkovich, di Spike Jonze e dello stesso anno) e di Werner Herzog (!), grande estimatore di Korine, nella parte del padre. Ovviamente l'idea di famiglia che viene fuori da un lavoro di questo stampo è lontana anni luce da quella comunemente tratteggiata nei film; a ben guardare è però d'altronde più sincera e se non più realistica è perlomeno il prodotto di un più sottile studio sociale. 5,5/10.

Sulla trama

La storia di Julien, sguattero ritardato con ha un padre autoritario che gira per casa con la maschera antigas, un fratello fissato con la ginnastica e una sorella incinta, ma non si sa di chi.

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