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Il sapore del riso al tè verde

Regia di Yasujiro Ozu vedi scheda film

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La recensione su Il sapore del riso al tè verde

di luisasalvi
8 stelle

Ne ho visto solo l'ultima parte, ma mi pare già molto significativo (ma non necessariamente "bello"): Taeko sembra (come poi Kingyo in Tarda primavera) arrivata da film di altri registi del momento: attenta alla moda, annoiata del marito e dei suoi gusti e abitudini troppo semplici. La casa  in cui vivono è nettamente la più ricca di quelle viste finora, con più domestiche che vivono e dormono in casa, con arredamento europeo, fra cui, per la prima volta, letti come i nostri e non solo materassi da stendere per terra di sera e ritirare di giorno. Evidentemente il marito guadagna bene e ha successo, nonostante i suoi gusti semplici, che cerca di spiegare alla moglie, senza volerglieli imporre, ma chiedendo che lei li rispetti come lui rispetta quelli di lei. (il frammento di cui dispongo inizia da qui)

Il riso al tè verde è il simbolo di questi gusti semplici che Taeko disprezza: non l'ha neppure assaggiato, ma disprezza anche il marito Mokichi che lo ama. Lei, infastidita, se ne parte senza dir nulla; richiamata da un telegramma del marito che deve partire all'improvviso per l'Uruguay (è la prima volta che compaiono partenze in aereo anziché in treno), torna in ritardo e non arriva in tempo per salutarlo; a casa l'amica e la nipote Setsuko la rimproverano, ma lei reagisce freddamente. A sera rientra il marito perché l'aereo è rientrato per un'avaria ai motori. Le domestiche dormono, e i due sposi armeggiano in cucina per trovare qualcosa da mangiare: è evidente che Tako non aveva mai messo piede prima in cucina e deve cercare ogni cosa: è quasi un gioco simpatico, che la aiuta a cambiare anche visivamente atteggiamento ed espressione, diventa partecipe, rasserenata; a tavola finisce per assaggiare anche lei il riso al tè verde, lo trova buono e ne  riprende, sempre più soddisfatta; poi si scusa per il passato, si intenerisce, accenna un pianto… Ci si aspetterebbe un abbraccio, un bacio, e mi chiedevo se per la prima volta Ozu si sarebbe deciso a mostrare un contatto fisico fra i suoi personaggi (finora l'abbiamo visto solo nella "violenza" con cui Tokiko è presa dal marito irritato in Gallina nel vento, a parte naturalmente i bambini o malati trasportati, in braccio o a spalle); invece ha trovato una soluzione a mio parere molto bella anche perché coerente al suo stile pudico: la scena termina e si passa al giorno dopo, con Taeko che racconta all'amica e alla nipote Setsuko l'accaduto;  sì, lei ha pianto a dirotto e lui l'ha stretta a sé e baciata, ma il tutto è solo raccontato da lei, che così muta ancora le sue espressioni, con bella efficacia. Sembra che Ozu intenda accogliere e rieducare i personaggi nuovi, che sono venuti di moda  negli altri film perché ormai diffusi nella società, mostrandone non solo gli errori ma anche il piacere di cambiare e di correggersi. Comunque non si tratta solo di tradizionalismo e modernità; al contrario, Taeko, come l'antipatica Shige in Viaggio a Tokio, usano kimono di  grande eleganza (Shige vuole prendere quelli della madre appena morta), mentre vediamo personaggi "positivi" vestiti all'occidentale.

Taeko fa ora raccomandazioni alla nipote, che si scelga uno sposo dai gusti semplici; la conclusione, un po' umoristica, vede invece la nipote che sfugge all'innamorato che elogia i propri gusti semplici…

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