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Pater Familias

Regia di Francesco Patierno vedi scheda film

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La recensione su Pater Familias

di joseba
8 stelle

Cruda, vibrante, sorprendente opera prima di Francesco Patierno, giovane regista (classe 1964) proveniente dalla televisione, Pater Familias è un film di ostruzioni, di condizionamenti, di sbarre. Spaziali. Culturali. Mentali. L’influenza ammorbante del contesto non lascia scampo: sopruso, prevaricazione e aggressività dominano un mondo disertato dalla grazia, abbandonato dalla pietà, nerissimo. Principali responsabili dell’opprimente chiusura di questo universo sono i padri, totalmente incapaci di aiutare i figli a elaborare progetti di vita alternativi ed essi stessi vittime di una brutalità asfissiante. Eppure, nonostante l’assenza di modelli familiari incoraggianti e di prospettive future, il tentativo di aiutare Rosa (Federica Bonavolontà) offre a Matteo (Luigi Iacuzio) l’opportunità di rompere il cerchio della ferocia ed ottenere un riscatto esistenziale. Per sé e per i suoi compagni.
Muovendo da una complessa sceneggiatura scritta a quattro mani con Massimo Cacciapuoti, autore del romanzo omonimo, Patierno mette a punto un’estetica energicamente tesa alla trasfigurazione del reale. Segnala i frequenti passaggi temporali attraverso una decisa variazione cromatica, realizzata con un procedimento chimico nella stampa della pellicola chiamato “salto della sbianca”. Trasmette alle immagini del passato una strana irrequietezza, ottenuta sistemando dei sacchetti di sabbia sotto la cinepresa. Inchioda la realtà osservata all’orizzonte individuale dei personaggi, facendo largo uso di soggettive. E conferisce allo sguardo una tonalità “rubata”, girando scene cruente all’insaputa dei passanti e piazzando la macchina da presa, nascosta spesso agli attori stessi, negli angoli di massima tensione visiva.
Lo stile è nervoso, franto, incline ai passaggi fulminanti e agli abbandoni improvvisi, ma anche capace di dilatarsi in pause di pensosità dolorosa, in ralenti strazianti, fino a cristallizzarsi in freeze frame di lacerante e sospesa (auto)riflessività. Una scrittura filmica secca e tormentata, attraversata da scatti brucianti e aspre sottrazioni, pronta a cogliere, con asciuttezza folgorante, gli "improvvisi" drammatici dell'intreccio. Secondo chi scrive, il più bel film italiano del 2003. Uscito in dvd da poche settimane.

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