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Sogni d'oro

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su Sogni d'oro

di John_Nada1975
7 stelle

Difficile molto difficile, dire qualcosa di non scontato e banale, pre- confezionato e già detto meglio o peggio da altri prima, su un opera del genere i cui spunti, fili ai quali allacciare una riflessione -e che ti vengono forniti senza limite-sono comunque inesauribili, e di non cascare nel "critichese" supercazzolante che già Apicella percula con grande ironia, nella memorabile sequenza della recensione di giornale letta ad Haber perenne sceneggiatore senza fortuna, al telefono.

Oltretutto non ancora del tutto senza visione oltre al proprio steccato ideologico, autoindulgente e referenziale con l'area della sinistra radical chic dei quartieri di Roma nord quale il Moretti "maturo" e oramai "riverito trombone" per dirla con Monicelli, basti la formidabile telefonata con le richieste delle "femministe" abilmente perculate, e la presenza come in "Ecce Bombo" di Giampiero Mughini; forse il primo a realizzare libri e documentari sulla gioventù e "intellighentsija" della destra extraparlamentare dei '70 come nel suo di poco precedente servizio Rai, "Nero è bello".

Diciamo che un film a suo modo indimenticabile e capsula del proprio tempo come "Sogni d'oro"(finalmente in alta definizione dal BD francese, la Rai e il DVD Warner non avevano mai fatto vedere benissimo la bella fotografia di Franco Di Giacomo, eh sì ddf e operatore da Leone ad Argento ai Taviani, come proprio....di Alberto Sordi in "Polvere di stelle") sembra amaramente ormai anni luce, dal Moretti imborghesito, di apparato e senza più nulla da dire che va a promuoversi da Fazio, ma degli ultimi trent'anni a volere essere generosi.

Qui di cose ne aveva da dire e talmente tante, in una maniera poi così lucida, perforante e personale che riesce almeno ad alcune persone come il sottoscritto a parlare quasi direttamente, da farne come ripete Apicella spesso nel film di sè stesso con la proverbiale vera naturale immodestia, davvero uno dei pochi a colpire "davvero nel segno" nella commedia io direi anche "di costume" e ormai nel 1981 già in sparizione, del cinema italiano anni '80.

Che poi "commedia" come osserva la suora al dibattito cinematografico del circolo cattolico è riduttivo, nonostante i tanti momenti e le trovate, battute, scambi di dialoghi tra vari personaggi tutti memorabili, siano essi fulminanti e da imparare, tramandare a memoria per ogni occasione che nella vita ti si possa presentare, e ti si presentano eccome, se ti si presentano.

Basti nei sempre indimenticabili affondi sui difficilissimi rapporti con le donne (Freud/Remotti docet), esplicitati nel bel finale "mannaro"(stranamente nello stesso anno 1981 e cinematograficamente mannaro per eccellenza de "L'Ululato" di Joe Dante"Un Lupo Mannaro americano a Londra" di John Landis, e "Wolfen" di Michael Wadleigh) del ''Io sono un mostro sì e ti amo/non voglio morire".

Discutibile forse la perculazione di "Taglio di diamanti" di Don Siegel anche se non si capisce molto da che parte di giudizio stia veramente in quel frangente Apicella/Moretti, e comunque tra le sue topiche sequenze negli amati bar e pasticcerie romane, fantastica per annotazioni,  tipizzazioni e comportamenti, soprattutto verso chi ti racconta non interpellato e senza inibizioni le sue "avventure" sessuo-sentimentali, e le donne, immancabilmente a parlare ad ogni minuto dei loro "fidanzati"/mariti, in positivo/negativo.

 

Strepitoso Dario Cantarelli nelle sue varie incarnazioni del medesimo personaggio critico "da dibattito" a dire le stesse famose e corrosive cose con appena piccole variazioni, che si concludono sempre però con il richiamare le famose tipizzazioni ''il bracciante lucano, il pastore abruzzese, la casalinga di Treviso" e nella ultima incarnazione da entusiasta, idiotistico personaggio così tipico di certo demi-monde da frequentatori degli "eventi culturali"-forse assessore alla cultura locale viste le sue assurde proposizioni-, e smentito sul posto dalla venuta in treno dei tre sempre citati.

C'è da chiedersi però cosa sarebbe stato del film senza la geniale, folgorante scelta di Remo Remotti, che con il suo mitomane convinto di essere Sigmund Freud, ma che vive alle spalle della madre nel "film-boiata" girato da Apicella come sperata "conferma" del precedente successo nella parte del film dentro al film, lo fa veramente volare e grazie alla sua prova isterica tra romanesco e tedesco, regala sempre delle sequenze irresistibili, oltre che da Moretti tecnicamente ben girate(basti la sequenza con carrello della troupe e degli attori che ballano "Un Uomo da bruciare" di Renato Zero, il demenziale musical sulla protesta per la guerra in Vietnam diretto da Gigio Cimino, e il ricco di figuranti e scenografie programma tv demenziale con Mughini, precursore di tanta, tutta la tv spazzatura attuale, da Bonolis alla De Filippi), a sfatare un pò dei luoghi comuni sulle regie statiche senza movimento macchina, dello stesso Moretti.

Stupenda apparizione di Ennio Antonelli, in ideale congiunzione "felliniana".

 

John Nada

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