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Lola

Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film

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La recensione su Lola

di port cros
7 stelle

Nel 1957 in una cittadina tedesca in piena ricostruzione, soprattutto immobiliare, lo spregiudicato e volgare imprenditore Schuckert (Mario Adorf) tiene l'amministrazione cittadina in pugno attraverso una rete di rapporti corruttivi che gli permettono di ottenere i permessi per le sue speculazioni edilizie. Gli accordi illeciti sono spesso conclusi da politicanti e affaristi all'interno del night-bordello in cui si esibisce come cantante e si prostituisce la bellissima Lola (Barbara Sukowa), prostituta favorita di Schuckert. L'arrivo di un nuovo assessore ai lavori pubblici, von Böhm (Armin Mueller-Stahl), sembra mettere in pericolo il sistema, in quanto l'uomo sembra incorruttibile alle mazzette e anche poco interessato alle trasgressioni del bordello. Lola, la cui madre lavora come governante da Böhm, decide di conquistare l'affascinante funzionario, presentandosi come una dama di classe, e von Böhm si innamora di lei. Ma quando scopre che si tratta di una prostituta al soldo del viscido Schuckert, decide di denunciare il sistema corruttivo, promettendo di "distruggere" il rivale. Ma a Schuckert basterà utilizzare Lola come merce di scambio, "cedendola" a von Böhm e regalandole il bodello, per far crollare ogni proposito di pulizia morale da parte del non più integerrimo assessore, che si fa usare da Lola e Schuckert (che non si fanno scrupoli a continuare la loro relazione sessuale anche dopo il matrimonio della ragazza con l'assessore), barattando la sua integrità con l'illusione di un amore.

 

 

Secondo capitolo della trilogia di Fassbinder sulla Germania post-bellica, raccontata attraverso figure femminili (dopo Il Matrimonio di Maria Braun e prima di Veronika Voss), in realtà in questo film ai principali personaggi maschili (Von Böhm e Schuckert) è dedicato altrettanto spazio e importanza che a Lola: i tre formano un triangolo, tenuto insieme dal sesso, dal denaro e dalla corruzione.

Con questo film il regista manifesta la sua visione disincantata sul "miracolo economico" che caratterizzò la rinascita della Germania occidentale dopo la II guerra mondiale, che ci presenta come il risultato di avidità e corruzione. Fassbinder ci mostra come sesso e denaro determinino la vita degli uomini, e non ci sia spazio per l'onestà e la rettitudine morale, perché chiunque è corruttibile e "comprabile". Come nel successivo Veronica Voss, il brusco finale non lascia speranza: la disonestà prevale, e il cinismo e l'amarezza per una società irrimediabilmente corrotta sono le note con cui Fassbinder conclude la vicenda.

 

 

Il film, dal ritmo abbastanza lento, si concentra soprattutto sulle dinamiche sociali ed economiche della nuova Germania, e la psicologia dei personaggi è chiamata a riflettere tali dinamiche. A mio parere Lola risulta quindi un po' appesantito rispetto della pellicola successiva, Veronika Voss, in cui la deriva interiore della protagonista fungeva da metafora di quella della società, e il personaggio di Lola, nonostante il fascino che le presta la Sukowa, è meno riuscito di quello di VeroniKa. Il film è però altrettanto splendido dal punto di vista visivo: mentre Veronika Voss era girato in un magnifico bianco e nero, qui al contrario Fassbinder ci stupisce con il magistrale uso del colore: brillante, fiammeggiante e saturo, soprattutto nei diversi toni del blu, del rosso e del rosa che a volte illuminano da diverse angolazioni la stessa scena , creando uno scintillante caleidoscopio.

Anche qui hanno uno spazio importante le canzoni in stile cabaret cantate dalla protagonista in stile Dietrich, quella che rimane più impressa è "Capri Fisher" (I pescatori di Capri).

 

 

A parte il misurato Mueller-Stahl, gli altri protagonisti (Adorf e Sukowa) offrono performance volutamente eccessive e sopra le righe, come quelle di certi personaggi minori (la segretaria di von Bohm). Anche in questo film non manca il cameo dell'attore nero americano-tedesco Gunther Kaufmann, amante del regista che avrà un ruolo di maggiore spessore in Querelle de Brest. 

 

 

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