Regia di Andrew Haigh vedi scheda film
Un ottimo film questo "Estranei" del britannico Andrew Haigh, di cui finora non avevo visto ancora nulla, un'opera assai meditata e intima che si ispira al romanzo omonimo del giapponese Taichi Yamada e rappresenta un tour de force emozionale di un quarantenne omosessuale che vive in una realtà psichica alterata, fra la possibilità di un grande amore forse mai veramente colta e un ritorno ossessivo al passato, ad un confronto con i fantasmi dei genitori, morti in un incidente quando lui aveva dodici anni. Non posso fare il confronto con il testo scritto del giapponese, ma sarebbe interessante vedere quanto Haigh abbia personalizzato la materia, sicuramente non facile da adattare in un contesto occidentale e con la "variante" gay; tuttavia, il film reca una cifra stilistica assai personale, visibile sia nel coordinamento dei vari apporti tecnici, sia nella gestione del materiale all'insegna di un sofferto scavo interiore che concilia le ferite dell'animo con interessanti aperture visionarie.
A mio parere i diversi piani del racconto sono ben amalgamati e la regia possiede la giusta forza per rendere vivida sia la parte più reale che quella chiaramente simbolico/fantastica, senza confondere inutilmente le idee allo spettatore. Il pathos di certi momenti si imprime nella memoria, ad esempio la toccante sequenza accompagnata da "You're Always on my mind" dei Pet Shop Boys, i confronti tra il figlio sofferente e i genitori, purtroppo anche loro succubi di una mentalità omofobica che ha fatto tanti danni in tutto il mondo, spesso hanno un'intensità che aiuta lo spettatore a penetrare nel cuore del film, in questo aiutato notevolmente dalle prove dell'ottimo cast. Andrew Scott, che personalmente ricordavo in uno dei ruoli principali del film "Pride" del 2014, ha una presenza scenica spesso ammirevole e risulta credibile nel difficile personaggio senza mai calcare troppo la mano; l'attore irlandese regge quasi tutto il film sulle sue spalle, con notevole bravura, ma sono da applaudire anche Clare Foy e Jamie Bell nei ruoli dei genitori, entrambi a loro agio nel restituire emozioni contraddittorie di una genitorialità vissuta con difficoltà e trasfigurata in tormento dall'immaginazione del protagonista; Paul Mescal nella parte dell'amante aggiunge un ruolo inedito alla sua galleria, ugualmente caratterizzato con ricchezza di sfumature, anche se il suo segmento narrativo prevede a un certo punto un colpo di scena spiazzante, che non va assolutamente spoilerato.
A mio parere un risultato di spicco, forse perfino uno dei migliori film della stagione, per quanto non arriverei al capolavoro perché a tratti ho avuto un'impressione di un meccanismo un po' troppo calcolato in sede di scrittura, ma rimane una pellicola adulta, forse catartica per l'autore, una scommessa vinta su un soggetto che in altre mani poteva scivolare in cliche' e in sentimentalismi, mentre Haigh ha il coraggio delle sue convinzioni cinematografiche.
Voto 8/10
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