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Perfect Days

Regia di Wim Wenders vedi scheda film

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La recensione su Perfect Days

di barabbovich
4 stelle

Al primo baluginio del cielo sopra Tokyo (una vecchia passione di Wenders: chi si ricorda di Tokyo-Ga?), come un rito laico comincia la liturgia quotidiana di Hirayama, solitario uomo delle pulizie degli avveniristici bagni pubblici della città: le abluzioni mattutine, una spruzzata alle piantine raccolte nei parchi, qualcosa da bere al distributore automatico, e poi via sul furgone ascoltando il rock d'antan (Animals, Patti Smith, Nina Simone, Lou Reed, Otis Redding, Van Morrison…), rigorosamente riprodotto su musicassetta, una pausa pranzo a scattare foto su pellicola alle ombre e al fogliame, con lo sguardo che si alza dall'ispezione dell'interno dei water all'altezza degli alberi, la lettura prima di andare a dormire. È questo il qui e adesso minimalista del protagonista, tra incontri bizzarri, un assistente pazzoide e sempre sopra le righe e una nipotina riapparsa all'improvviso.
Partito come un progetto documentaristico su commissione, il film di Wenders, scritto con Takuma Takasaki si è poi trasformato nel ritratto esistenziale di un uomo che vive in un mondo analogico, capace di apprezzare i piccoli piaceri della vita, del tutto privo di ambizioni. Ma quello che irrita del lungo-metraggio (123') di questo sopravvalutatissimo regista, che - tolto qualche documentario - non indovina un film da quarant'anni (Paris, Texas), è la ricerca di un lirismo posticcio, senza scrittura (avercene, altri Lubitsch…), affidato interamente al ritualismo anodino del protagonista e allo sguardo su una città dalle mille facce. Inoltre, la scelta di tratteggiare il personaggio interpretato da Koji Yakusho - peraltro giustamente insignito con il massimo alloro al festival di Cannes - come un uomo fuori dal tempo, laconico fino quasi al mutismo, chiuso nel suo mondo analogico, sembra un'esca lanciata allo spettatore in cerca di risposte a dilemmi esistenziali, ma finisce col suonare come una didascalia stonata all'interno di un'opera fatta anche di piccole, pregevoli trovate, come la partita a tris in un foglietto nascosto in uno dei bagni.

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