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Palazzina Laf

Regia di Michele Riondino vedi scheda film

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La recensione su Palazzina Laf

di barabbovich
7 stelle

Caterino Lamanna (Riondino) è un operaio dell'ILVA di Taranto, la più grande acciaieria d'Europa, che alla metà degli anni Novanta si trova a un passo dal cedere ai privati il colosso siderurgico. Per ridurre il personale e agire contro i sindacati in agitazione, Caterino viene reclutato dal laido Giancarlo Basile (Germano), che trama dalla parte dei padroni e promette a Caterino di essere mandato alla palazzina LAF, uno spazio fatiscente nel quale sono confinati i presunti fannulloni. In realtà, a Caterino spetta il compito di delatore rispetto a persone che, di fatto, sono state demansionate, secondo quello che passerà alla storia come uno dei primi casi in cui la parola mobbing fece ingresso nel lessico giuridico. Caterino esegue il compito con soddisfatta e puntigliosa alacrità, non rendendosi conto della miseria in cui è finito.
Il tarantino Michele Riondino esordisce dietro la macchina da presa con un film politico, impegnato, che sta tra il cinema di Petri e quello di Rosi. La dialettica tra necessità di lavorare e tutela della salute, che ha sempre fatto da sfondo alle vicende dell'ILVA, viene qui filtrata attraverso un racconto che mette in scena il desiderio di emancipazione (economica, prima ancora che sociale) e l'incoscienza del protagonista. E se sul piano dei contenuti il film segna l'esordio encomiabile alla regia di un altro attore (dopo il clamoroso caso Cortellesi), la forma non è da meno. L'inferno della fabbrica viene restituito nella sua imponenza che è soprattutto sonora e il cast, a cominciare dal protagonista e da un Elio Germano ancora una volta incredibilmente camaleontico e duttile, è perfettamente all'altezza della situazione. Funziona meno l'equilibrio caduco tra il registro drammatico e le molte tentazioni da commedia, che fanno vacillare il film senza riuscire a dargli una direzione emotiva stabile. Quanto al product placement, le sigarette sono, qui come altrove, fastidiosamente debordanti, ma riescono a irritare meno dell'insipienza della canzone di Diodato - "cantautore" (con molte virgolette) di origini tarantine - collocata sui titoli di coda.

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