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The Beast in the Jungle

Regia di Patric Chiha vedi scheda film

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La recensione su The Beast in the Jungle

di EightAndHalf
7 stelle

Entrare dentro un nightclub e sparire per sempre. Fra una fiaba di Arrietta (raccontata dalla strega Dalle) e uno straniamento in stile ultimo Vecchiali. Si tratta del quinto film di Patric Chiha, che racconta un non-amore vampiresco che inghiotte tutto, il tempo e la Storia, tra gli anni 70 e oggi ma la Storia tanto non esiste. I due protagonisti vivono unicamente nel film, scompaiono nelle ellissi ed esistono solo nelle sequenze vorticose e stroboscopiche del night. I due vogliono aspettare Godot, quindi non si ameranno mai, non invecchieranno mai, aspetteranno qualcosa (l’amore? banale; la bestia?) mentre attorno crollano il muro di Berlino e le Torri Gemelle. Questo buco nero che è solo un’ossessione per il vuoto costringe Chiha a rivedere i nessi cronologici, annullando le scene, trasformando tutto in un set, come se le luci della disco fossero non solo i raggi di un passato da ricordare ma i fari di un palcoscenico accecante e senza senso. La disco fa dimenticare tutto, ed è una lenta eutanasia per il suicidio collettivo. Dissolvenze, luci, recitazione affettata: La bête dans la jungle è un sogno irreale sul desiderio di essere immobili e di soffrire. Mentre la disco diventa techno, il giorno e la notte perdono di senso e la vita e la morte sono solo un pianosequenza o uno stacco di montaggio.

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