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Monster

Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Monster

di port cros
9 stelle

76° FESTIVAL DI CANNES 2023- IN CONCORSO

 

Una madre rimasta vedova e sola a crescere un figlio, Mugino, con problemi a scuola che lo portano ad adottare comportamenti autolesionistici che preoccupano. Individuata la causa del malessere nei metodi violenti e umilianti di un insegnante, il professor Hori, che avrebbe malmenato il ragazzino e lo avrebbe definito un mostro a cui era stato impiantato un cervello di maiale al posto di quello umano. A colloquio con la direttrice e gli insegnanti, alla madre vengono presentate scuse formali con tanto di profondo inchino, ma con scarsa propensione a far luce su quanto avvenuto in classe, il che fa infuriare la donna che sospetta la scuola voglia coprire l'insegnante violento.

 

Da qui in poi è difficile raccontare la trama di un'opera a cui l'autore impone innumerevoli cambi di direzione e di prospettiva. Una vicenda che appare dapprima lineare si rivela in seguito solo una versione di fatti che ci vengono poi presentati nella prospettiva di un altro protagonista , il professor Hori, e crediamo allora di trovarci davanti ad una riduzione -omaggio di Kore-eda al Rashomon di Akira Kurosawa. Ma Monster non è nemmeno (solo) questo, è anche la storia di una tenera amicizia ed embrione di amore adolescenziale che richiama Close del belga Lucas Dhont, in concorso a Cannes l'anno scorso. È anche un ritorno alle origini per Kore eda che, dopo le buone ma non eccelse trasferte francese e coreana, torna a girare in Giappone e a immergersi nelle atmosfere poetiche e intimiste che ce l’hanno fatto adorare nella prima parte della sua carriera. Ma contemporaneamente fa qualcosa di completamente nuovo nella sua filmografia, affondando temi quali l'omosessualità, la pressione sociale contro la diversità in genere, il bullismo e il maschilismo, che non aveva mai posto al centro di una sua pellicola, di solito ancorata a tematiche più tradizionali quali la famiglia, e che declina col tema della menzogna come arma difensiva dal giudizio superficiale degli altri. È un’opera dalla struttura complessa che Kore eda costruisce sapientemente in maniera non cronologica e non intuitiva, spiazzandoci ogni volta con nuove prospettive che mettono in discussione quello che credevamo di aver visto e capito.

 

Tutti i protagonisti mentono e “quello che realmente è successo non importa” sentenzia la direttrice scolastica, che ha probabilmente anche lei mentito d’accordo col marito che per scagionarla si è autoaccusato dell’investimento della nipotina. La direttrice è soltanto uno dei tanti personaggi che cambia completamente nel corso del film, all’inizio appare una stronza rigida ed anaffettiva dedita all’insabbiamento per salvare il buon nome della scuola, poi si rivela una figura tragica che nella commovente scena degli strumenti musicali impartisce a Mugino i consigli più saggi che sentiamo pronunciare. E poi il professor Hoki, il cattivo iniziale, colpito anche dalla calunnia di frequentare il bar di escort cui passava nemmeno troppo vicino. E lo stesso Mugino: vittima di bullismo? bullo lui stesso? ribelle contro i bulli? Il compagno di scuola Hoshikawa che appare all'inizio come figura del tutto marginale di mero testimone delle presunte violenze del prof. per poi rivelarsi protagonista e motore del racconto.

 

Hirokazu Kore eda riesce a recuperare il suo tocco magico e ad unire poesia, riflessione e complessità in un tortuoso viaggio dell'anima che comincia con l'incendio di un grattacielo e finisce dove non avremmo mai immaginato, in un vagone ferroviario deragliato ed abbandonato in un bosco, dove finalmente si può lasciare emergere la verità.

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