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Gruppo di famiglia in un interno

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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La recensione su Gruppo di famiglia in un interno

di scandoniano
8 stelle

“Gruppo di famiglia in un interno” è il geniale titolo del penultimo film di Luchino Visconti. Più che quello di un film, sembra il titolo di un quadro. Ed in effetti proprio attorno alla compravendita di un quadro di valore si dipano le prime vicende del film, ambientato nella borghesia romana degli anni ’70, in cui le nuove rivoluzioni politiche e civili fanno a cazzotti con i nostalgici dell’Italia fascista. La pellicola, girata tutta in interni, ha come protagonista un professore americano di stanza in Italia da molti anni, che vive con la fedele governante Erminia in un antico palazzo storico al centro della capitale. Quasi per caso un giorno si ritrova in casa una danarosa quanto ambigua signora altoborghese e la sua sconclusionata famiglia allargata, la quale insiste per avere in affitto l’appartamento del piano superiore, di proprietà del professore, che quest’ultimo aveva deciso di destinare agli innumerevoli libri che ormai risultano troppo ingombranti per l’appartamento dove vive. Con grande tenacia e prevaricando spesso le minime regole di educazione, la donna riuscirà a convincere l’uomo, ottenendo così un, sempre più assurdo per lo spettatore, credito sconfinato.

Il film è emozionante nel suo minimalismo, e tira in mezzo tantissime dinamiche, tutte legate ai rapporti tra il professore (Burt Lancaster), la carismatica donna (Silvana Mangano), la figlia, il fidanzato e il fascinoso amante delle due donne (Helmut Berger), ossia a quella che potrebbe essere una potenziale famiglia, famiglia che in realtà il professore brama, ma che di fatto non può avere. Ecco perché sopporta assurdi soprusi, volgarità, atti illegali, perfino incestuosi, lontanissimi dai costumi dell’integerrimo professore, ma che sono il viatico necessario alla creazione di quel nucleo familiare che i libri ed i quadri non possono sostituire. La pellicola è morbosa, emozionante, travolgente, si avvale di costumi molto curati (i cui stilisti vengono accuratamente citati nei titoli di testa!) assieme a tutta la messa in scena (scenografie e fotografia), ma soprattutto ricorre ad una sceneggiatura scritta, tra gli altri, dalla grande Suso Cecchi D’Amico, il cui tocco è inequivocabile.

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