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Ardente pazienza

Regia di Rodrigo Sepúlveda vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ardente pazienza

di silviarosellini
2 stelle

La terza versione de Il Postino di Neruda di Antonio Skàrmeta, dopo la sua del 1983 e quella con Troisi del 1994. E’ tutto così edulcorato, in questo Ardiente paciencia marca Netflix, che stucca. E’ tutto così falso che offende. Cos’è che non ho capito visto che sceneggiatore è Calderòn, regista Sepùlveda e produttore esecutivo Larraìn?

Netflix, conoscendomi, mi propone i film chileni. Temo che non li proponga quasi a nessuno e che, quindi, questa recensione rimanga uno sfogo personale. Ma sfogarsi fa bene. Cercando notizie sul film prima di guardarlo scopro che nel 1983, prima di scrivere il romanzo Il Postino di Neruda e collaborare alla produzione de Il Postino di Michael Radford con Troisi, Skarmeta, al sicuro in Europa e con una coproduzione tedesca,  aveva girato una prima versione della storia dal titolo Ardiente paciencia che conteneva tutti i temi del libro mantenuti poi, a suo modo, anche dal film italiano. Il film fu girato con attori anch'essi fuoriusciti dal Chile di Pinochet e dei suoi aguzzini. L'ho trovato su You Tube. Ovviamente in lingua originale, ma io capisco il “dialetto” chileno, che poi nel film è quasi sempre pronunciato in un modo comprensibile per chiunque capisca lo spagnolo latino. Mi sono levata lo sfizio di guardare i due film in contemporanea, un pezzo di uno seguito da un pezzo dell'altro. Il postino lo avevo rivisto qualche anno fa, non me lo ricordavo quasi per niente, ma ne ricordavo l'atmosfera. Fin dalle prime scene il film di Netflix mi lascia perplessa: artificioso ritratto degli anni settanta come se fossero stati raccontati di terza mano. Via via che il film avanza e io, tragicamente, lo paragono al gioiellino che ne fu il nucleo fondante, le perplessità aumentano. Ogni tanto qualche tentativo quasi sopportabile, fondamentalmente un telefilm recitato non in modo ignobile, anche se con una recitazione che non pare veramente originale, quanto “ispirata a” (verificherò riguardando Il Postino), ma comunque decisamente un prodotto per adolescenti totalmente inconsapevoli e che inconsapevoli si vuole che rimangano, una specie di favoletta a lieto fine, un Happy Days-happy ending che niente, niente, ha della struggente verità del film chileno o del romanzo. Oltretutto con una serie di cose e personaggi appiccicati a forza che non hanno alcun senso né storico né simbolico, come l'amica che sospettiamo rivale in amore, ma rivale non può essere, perché monaca, anche se forse lo sarebbe se potesse... personaggio creato a bella posta, utile solo per una riproduzione inutile dei clichè delle teleserie. O come la schermaglia poetico-amorosa fra i due protagonisti, fatta, se comincio a capire Netflix, per una sorta di esaltazione politically correct sul ruolo femminile, come se non bastasse la piena consapevolezza di sé della Beatriz del libro a farne una donna forte. E come se non fosse bastata la vera storia della vera Beatriz a farne un'eroina moderna. Perché l'indignazione che mi ha colta con il finale totalmente tronco, con la mancanza del tema fondamentale del primo film e del libro, che snatura completamente il senso del racconto, è che stiamo parlando di una storia vera, per quanto romanzata, di persone veramente esistite, il cui destino è stato tutto meno che a lieto fine. Non è finita a tarallucci e vino, no davvero. Mario Jimenez, il vero postino di Neruda che ha ispirato Skarmeta, fu prelevato dagli aguzzini di Pinochet e sparì, per sempre, proprio come nel romanzo, cosa che Il Postino aggiusta facendo morire Mario/Troisi per mano della polizia (di Scelba se ricordo bene), e la Beatriz del romanzo è la vera Beatriz che Skàrmeta frequentò fuori dai tribunali di Santiago, come dice nel prologo al romanzo. E il senso della storia originale credo che sia mostrare il meraviglioso e poetico candore di un Chile (un'Italia... un Iran oggi?) che sognava il riscatto e l'amore e finisce in un nulla che risucchia l'anima per anni. Persone vere: come il primo attore che interpretò Mario, espatriato fuggitivo, meraviglioso Oscar "Cuervo" Castro, miracolosamente rilasciato dalla prigione e dalla tortura diversamente da sua madre e suo cognato, spariti per sempre. Insomma è come se un film su Anna Frank si basasse sulla storia di come si rifugiava a scrivere il diario, sul suo amore per Peter e finisse con la scena del bacio, senza dirci niente, nemmeno in una nota iniziale o finale, dei fatti successi dopo, e nemmeno delle ragioni del vivere nascosti: l’indignazione e lo sconcerto sarebbero generali.

 E’ tutto così edulcorato, in questo Ardiente paciencia marca Netflix, che stucca. E’ tutto così falso che offende.

Cos’è che non ho capito, visto che la sceneggiatura è di Guillermo Calderòn, Rodrigo Sepulveda è il regista e produttore esecutivo è Pablo Larraìn? Piangerei... 

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