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Mon oncle d'Amerique

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

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La recensione su Mon oncle d'Amerique

di mm40
6 stelle

Resnais va incontro a Woody Allen. Così come, pochi anni prima in Io e Annie, il regista americano aveva introdotto fisicamente Marshall McLuhan nel suo film per poter discutere le idee del famoso massmediologo, ecco che il collega francese approfitta non solo delle tesi (e della collaborazione in sceneggiatura, che vanta la prestigiosa firma di Jean Gruault) di Henri Laborit, etnologo e filosofo, ma lo rende pure (co-)protagonista di questa bizzarra pellicola. Nei centoventi e passa minuti di durata (magari un po' eccessivi) vediamo perciò alternarsi la figura dello studioso, composto e serioso, seduto alla sua scrivania, alle vere e proprie storie dei tre protagonisti, di tanto in tanto commentate dalla voce fuoricampo dello stesso Laborit. Tutto ciò per dimostrare la ristretta cerchia di variabili e di opzioni cui va incontro l'individuo, dal forgiarsi del carattere nei primi anni di età alle interrelazioni che da adulto costituiranno le fondamenta del suo quotidiano. Per rendere meglio il concetto vengono utilizzati dei topolini, cavie di laboratorio, e per essere proprio sicuri che l'analogia venga colta - sfiorando insomma il didascalismo - agli stessi attori vengono qua e là applicate delle maschere da topo: fra il serio e il faceto Resnais ci vuole spiegare inoltre il (rilevante) ruolo della sociologia e della psicanalisi nel mondo moderno, chiavi di lettura per meglio interpretarci e perfezionarci. Lo zio d'America del titolo è spiegato come una sorta di deus ex machina eternamente atteso a sbrogliare le matasse esistenziali, che chiaramente però non arriverà mai. Al di là della lunghezza forse un tantino esagerata e della trama sbriciolata, i pregi di questo lavoro sono tanti, a partire dall'innegabile coraggio che il 58enne Resnais dimostra nel volere ancora osare, sperimentare, dopo un quarto di secolo di carriera; d'altro canto è sensibile l'attaccamento del regista francese al cinema classico, omaggiato a più riprese con inserti tratti da vecchie pellicole. Il succo del discorso è infine decisamente positivo, pessimista e positivo: gli esseri umani sono da sempre e sempre saranno portati all'individualismo, ma c'è in noi un altrettanto innato istinto alla solidarietà, all'unione, al reciproco sostentamento che è ciò che fa in modo che la specie prosegua la sua sopravvivenza. 7/10.

Sulla trama

L'etnologo e filosofo Henri Laborit propone un'interpretazione psicanalitica delle vite - e delle dinamiche interrelazionali - di tre persone che, dopo vari percorsi, si intersecano: un dirigente tv, un'attrice, un amministratore d'azienda.

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