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Ragazzaccio

Regia di Paolo Ruffini vedi scheda film

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La recensione su Ragazzaccio

di Furetto60
6 stelle

Discreto quest'ultimo film di Paolo Ruffini.

 Siamo nel milanese a marzo del 2020, il governo ha appena deciso di chiudere tutti in casa, per impedire la diffusione della pandemia, ormai acclarata e non più spauracchio astratto. Nell’incipit del film si sente la voce di Riccardo “Bro, non si va a scuola, ci sono i cinesi che mangiano i pipistrelli e hanno fatto nascere un virus. Si muore, ma solo se sei vecchio. Ma intanto non si va a scuola, viva il Coronavirus". Con questa videochiamata da generazione Z, il diciassettenne Mattia alias Alessandro Bisegna, una “testa gloriosa” già bocciato due volte, insofferente alle regole. che trascorre il tempo tra videogiochi, telefonino e cazzeggio, viene a sapere che  c’è il lockdown, le scuole restano chiuse, idem per gli uffici e per quasi tutte le attività commerciali; lui è costretto a rimanere a casa in compagnia della madre, nevrotica aggressiva e per giunta fedifraga, la brava Sabrina Impacciatore e il padre infermiere stakanovista, l’ottimo Massimo Ghini, che infatti si beccherà il covid. Iniziano così le famose DAD e le assemblee di istituto su Zoom. Mattia durante le lezioni di gruppo, istigato dai compagni, canzona volgarmente gli insegnanti, sfoggiando tutto il suo patetico e scatologico repertorio: mostra il sedere, rutta; intanto si prende una cotta per Lucia, rappresentante d’istituto “secchiona" e "impegnata” poi finisce per bullizzare anche un compagno disabile;Il “fattaccio” ripreso da qualche smartphone, finisce in rete e diventa virale, la sua nomea di “ragazzaccio” rischia di restargli impressa come un marchio indelebile. Il regista, su sceneggiatura di Davide Dapporto, racconta l'ambiente giovanile, ricorrendo al gergo adolescenziale, fatto di mezze parole, appellativi e abbreviazioni “frà, bro, zio” e  sviluppa la storia in modo prevedibile, ma non banale; il giovane  “sbandato”, sollecitato da Lucia e dall’insegnante di letteratura, dopo un rapido ma efficace processo di consapevolizzazione e di rivalutazione degli insegnamenti scolastici, riesce a riscattarsi, mostrando addirittura una vena artistica. Il regista Paolo Ruffini , quello che per fare un complimento a Sofia Loren le disse “E’ sempre una bella topa”, dunque non certo un gentiluomo dotato di “bon ton”, stavolta invece sorprende in positivo, proponendoci un film  discreto, non un capolavoro, ma una scorrevole commedia agrodolce, un salto indietro nel tempo, in un passato prossimo che è rimasto ancora con  noi, con i suoi codici di comunicazione: la DAD lo smart-working, gli schermi divisi in dieci finestre,  le scritte in didascalie delle chat; mostrando ciò che accade in una famiglia di tre persone, ci rivela uno spaccato di quello che è stata la realtà in quei giorni; con i ragazzi perennemente incollati al monitor del P.C. che non sanno chi sono David Bowie o Bob Dylan, e credono che Freddie Mercury sia "quello del film” non per ignavia, ma perché nessuno si è preso la briga di farglieli conoscere, diceva Mr. Han (Karate Kid II)” non esistono cattivi scolari, ma solo cattivi maestri” Massimo Ghini è tenero, nel ruolo di un padre che non riesce a comunicare con i membri della sua famiglia; il suo monologo finale, è la cosa più riuscita del film. Beppe Fiorello, ottimo nel ruolo del docente “illuminato” dotato di pazienza e dedizione e soprattutto fiducia nei giovani, è quello che riesce a tirar fuori da Mattia una sensibilità poetica.Mentre seguiamo la storia, vediamo scorrere le immagini terribili, che sono rimaste stampate nella nostra memoria: le lunghe file dei tir che da Bergamo portano via le salme dei tantissimi morti per covid, il Papa che celebra la messa Pasquale in una piazza San Pietro deserta. E, tra una sequenza e l'altra, arriviamo a comprendere il disagio dei ragazzi che, chiusi in casa per mesi,hanno sentito e visto solo malattia e morte. Alla fine, ce l'hanno fatta, forse, pensando "il Covid è come un bullo, basta un po' d'amore e se ne va". E, alle volte, per non essere un ragazzaccio basta "qualcuno che ti faccia sentire meno difettoso".

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