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Non c'è posto per lo sposo

Regia di Douglas Sirk vedi scheda film

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La recensione su Non c'è posto per lo sposo

di degoffro
8 stelle

Sapida, acuta, brillante ed irresistibile commedia diretta dal maestro del melo Douglas Sirk. Grazie alla presenza di uno spumeggiante Tony Curtis, perfetto nei panni del protagonista, Sirk imbastisce una sarabanda sfrenata, allegra, vivacissima con momenti di autentica e sana comicità, ideale pretesto per una neanche troppo velata critica alla società americana sessuofobica, moralista ed ipocrita. Alvaro e Lia si sono appena sposati, ma la varicella che colpisce l’uomo non consente loro di vivere come desiderato la prima notte di nozze. Poi Alvaro è chiamato alle armi (è il tempo della guerra in Corea). Dopo dieci mesi di servizio militare torna a casa e la scopre invasa dai numerosi parenti di Lia, invitati dalla di lei madre. E proprio questo è uno dei personaggi più riusciti ed accattivanti: donna severa ed autoritaria, spesso assillante con la figlia, ancora ignara del fatto che la ragazza si sia sposata (sviene volutamente ogni volta che Lia accenna alle possibili nozze con Alvaro), è convinta che la figlia debba sposare un uomo ricco che le garantisca un avvenire felice. All’apparenza rigida, in realtà è una donna viziosa e dedita al divertimento più sfrenato: scommettitrice accanita, chiusa nella sua camera fuma, beve, mangia quantità industriali di cioccolatini che poi nasconde sotto il letto, legge riviste poco edificanti facendo credere di dedicarsi a romanzi impegnati. Eppure ha un ascendente molto forte sulla figlia, sempre pronta ad obbedire a qualsiasi suo ordine e richiesta. In un contesto così caotico per i due sposini diventa davvero impossibile avere un qualche momento di intimità (“Non ti ho sposato per penitenza” dice un esasperato Alvaro): non c’è un posto dove rimanere soli, nemmeno in bagno dal quale si è costretti ad uscire dalla finestra o sotto un albero quando piove. C’è sempre qualcuno dei numerosi parenti tra le scatole, in particolare quell’insopportabile e fastidioso cuginetto Donovan, dalla curiosità ossessionante e piuttosto petulante, tipica dei bambini. Scoperte le nozze, la mamma di Lia cerca in ogni modo di convincere Alvaro ad annullare il “cosiddetto matrimonio”, perché Lia ha molti buoni partiti tra cui scegliere, specie nel suo ambiente di lavoro. “Non basta un semplice rito nuziale per poter essere suo marito, almeno in questa casa” dice la mamma. E poi Alvaro coltiva una vite che rende 3000 dollari l’anno, mentre Lia guadagna 6000 dollari l’anno: è impensabile, nell’ottica monetaria della madre, una tale condizione. “Tu sei suo marito da meno di un anno, lei è sua madre da 20 anni”, gli ricorda la zia della ragazza. Sconvolto da questa “ondata di cavallette”, tale per cui anche per andare in bagno di prima mattina si deve fare la fila e per parlare con la moglie, anche a tavola, si deve urlare (“La mia casa è diventata un albergo”), Alvaro quasi non si accorge di essere sposato. E nemmeno l’aiuto di un amico, che gli fornisce la chiave del suo appartamento per poter finalmente consumare il matrimonio facilita le cose, perché tutto impedisce ai due sposini di godersi con serenità e nella più assoluta libertà e serenità la propria intimità. A complicare le cose interviene poi la società presso la quale lavora Lia, intenzionata a costruire un cementificio che comporterà la creazione di una linea che passa proprio attraverso la proprietà di Alvaro. E’ la goccia che fa traboccare il vaso: esasperato dall’impossibilità di vivere una sana ed equilibrata vita matrimoniale Alvaro, di fronte anche all’incapacità di Lia di prendere una posizione ferma e decisa sul loro rapporto, costantemente succube della madre (“Un marito non prenderà mai il posto di una madre”), essendo uno all’antica, abbandona tutto. Ma “è difficile competere con una divisa”. La scoperta da parte di Lia della reale natura della madre aggiusterà tutto, appena in tempo per evitare che Alvaro riparta per sempre. Sirk ironizza con intelligenza ed eleganza su una società in cui l’unica base di misura è il dollaro. I valori morali, i principi, i sentimenti non contano nulla. Le persone genuine, semplici e sincere come Alvaro sono destinate ad essere vittime dei calcoli subdoli, egoistici ed ipocriti di chi persegue esclusivamente il proprio tornaconto personale (si è anche disposti a far passare per pazzo, “neurotico” il protagonista pur di entrare in possesso delle sue proprietà). Spigliata ed attualissima poi l’immagine di un matrimonio messo a dura prova dalle intrusioni spesso esasperanti di parenti (fondamentale la figura della madre che non desidera la felicità della figlia ma esclusivamente la sua ricchezza) ed amici, sempre pronti a dispensare consigli e suggerimenti, spesso inutili o comunque non richiesti, generando litigi, crisi e discussioni in coppie che devono cercare prima di tutto un loro equilibrio personale. La situazione descritta dal film è paradossale ed estrema, ma riflette in modo piuttosto vivace ed acuto la condizione di tante coppie che vedono il loro matrimonio letteralmente sconvolto e stravolto da fattori esterni che ingigantisono oltre modo gli inevitabili problemi interni. Perfetti tempi comici (in una sequenza lo psichiatra che sta cercando di capire se Alvaro è matto gli chiede se è vero che abbia preso a pedate un bambino e subito dopo, lo stesso psichiatra, vittima dell’ennesimo scherzo del piccolo Donovan, si alza furibondo per inseguire e cercare di prendere a calci il ragazzino), ritmo assai sostenuto, regia scattante e vivace, interpreti ad hoc. Una di quelle commedie gustosissime, veloci e spensierate, capaci di regalare un’ora e mezza di sano e puro divertimento, senza disdegnare qualche riflessione tutt’altro che gratuita.
Voto: 7+

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